Il sole di mezzanotte
- di Redazione
- 21 Gennaio 2021
- Testimonianze
Le donne con le donne e per le donne! Oggi raccontiamo la storia di Erika Iannucci e la sua vicinanza alle donne di Mai Più Sole
'Qualsiasi cosa lei abbia deve essere forte.' È così che una notte di fine giugno mi sono invece scoperta fragilissima, impaurita, persa. Da lì una serie vorticosa di controlli, visite, schizzi di gioia e solitari buchi neri. Quei pranzi in famiglia in cui ridi e chiacchieri di gusto ma con gli occhi parli altre parole, le voci diventano ovattate, c'è solo quel flusso di amore che corre rapido, verso chi ami. Mesi dopo, chiusa ermeticamente in 'quel' reparto gli scritti del Sig. Evola a farmi compagnia, che sapore diverso le sue parole... e i Depeche Mode nelle cuffiette di notte in sala relax mi hanno portato ancora una volta in un nuovo altrove... e il profumo delle decine di camicie e vestaglie da notte comprate da mamma, che ne avrei potuta cambiare una ogni 15 minuti. E alcune mie assistite, che davvero inaspettatamente, mi sono venute a salutare da sotto la finestra.
Ho scelto come mia condottiera la prof.ssa Giorgia Perniola. Una donna dura, fredda, pratica (tutte armature necessarie per rimanere lucidi in certe realtà), generosa verso i suoi studenti, dedita h24 alla sua professione. Ho amato i suoi occhi mentre visitandomi sbranava quel monitor, lo sbranava, sì... e io coi lacrimoni, mentre, incurante, la mia intimità era spalancata al tirocinio di giovani dottorandi. Poi le chiacchiere di notte con le dottoresse, e scoprire tante storie, i sacrifici dei contratti a termine, della casa lontana. Quei caffè rubati con la complicità delle infermiere… e poi lei, la mia compagna di stanza. Lei è stata tutto per me, in quella incredibile bolla di realtà. Abbiamo preso in giro la malattia giocando con le parrucche, siamo state inghiottite in silenzi di terrore. L’ho portata nel mio posto segreto a fumare di nascosto: c'è una porta vietata che ovviamente ho aperto, si accede in un reparto dismesso del Policlinico Umberto I di Roma e, come Alice nel Paese delle Meraviglie, ho trovato, affacciandomi a una finestra, il mio compagno, che mi ha davvero sostenuto con la sua esistenza, filtrando il mio veleno e restituendomi respiri balsamici, un pino secolare magnifico. Poi quella mattina entrambe pronte a scendere come due guerriere in sala operatoria. Tutto verde, il mio colore preferito, l'anestesista dagli occhi blu irritato perché avevo unto il mio corpo (è strano ma avevo sentito di doverlo fare), il prof. Panici, un luminare, al suo ultimo giorno di lavoro dopo decenni in cui ha salvato la vita a migliaia di donne... Ascolto la sua voce poi guardo dritta il soffitto di acciaio specchiato. Mi vedo distesa pensando che, chissà, forse avrei fatto un viaggio astrale di lì a poco ed è stata l'ultima immagine che ho visto, lei, Minerva.
Poi la mia Perniola con un sorriso aperto mentre aprivo gli occhi a dirmi è benigno, non abbiamo tolto nulla.
Se fossi morta non avrei avuto nessun rimpianto, perché ho amato ogni istante della mia vita. Certo non dirò nulla della mia famiglia e di Stefano, il mio consorte, che mi ha ancora una volta stupito e incantato con la sua essenza, davvero ad altri livelli.
E alla fine di tutto è il cuore del cuore che resta. È vero che poi tutto ha un sapore diverso, la lucida e costante presenza a me stessa mi fa vedere e sentire il mondo con altri occhi e altri gusti. E ho deciso che non lascerò mai più sole le donne che stanno affrontando la dura battaglia contro il cancro, avrei potuto essere io, potrò un giorno essere io. Vi abbraccio. Ma forte!