Stiamo arrivando al dunque? - Seconda parte
- di Redazione
- 1 Settembre 2020
- Rita, poesie e non solo
Secondo appuntamento con il racconto " Stiamo arrivando al dunque?" della nostra cara Rita Meleddu che riflette sulle sorprese della malattia
La corsa settimana ho intitolato il racconto "Stiamo arrivando al dunque?", questo si riferisce a me, perché mi conosco e di me posso parlare. È vero, intuisco sempre quando un'amica è messa male e sta per lasciarci e raramente sbaglio la diagnosi, quasi mai, allo stesso modo ogni volta vengo presa alla sprovvista, perché il nostro destino non lo conosciamo, anche se possiamo in un certo senso prevederlo. Ma nessuno come dice il Vangelo, conosce il suo giorno, né la sua ora...
Però il nostro corpo parla, e il mio che è chiacchierone come me, parla e mi dice che quantunque io sia resistente e diciamolo pure, prepotente, ma prepotente contro ogni logica, lui mi manda mille segnali per farmi capire che è stanco e credo che non ne possa più. Come non comprenderlo? Non faccio in tempo a venire fuori da una situazione critica, che eccone pronta un'altra. La scorsa settimana è stata la volta della pressione arteriosa ballerina, dovrei misurare la pressione ogni giorno, per tutti i mali che ho, invece non lo faccio mai, e non mi costerebbe nulla, visto che ho la macchinetta, ma mi sembra una perdita di tempo e lascio correre. L'altro giorno per la terza volta in poco tempo, sono stata male, di nuovo sudorazione esagerata e fiacchezza estrema, l'assunzione di integratori, ancora degli altri nuovi, non mi portavano giovamento, al solito le gambe non mi reggevano, come sempre se stavo sdraiata o seduta, mi sembrava di stare bene, ma al primo tentativo di alzarmi, ricadevo come un sacco vuoto, e così quasi casualmente ho detto a mio marito: "non sarà per caso la pressione? Me la controlli per piacere?" E quasi sono svenuta, è che non sono facile allo svenimento, quando ho letto i valori della macchinetta: 69/49.
Ci sarà un errore abbiamo pensato...Altro che errore, controllata diverse volte, era sempre su quei valori. Mio marito voleva chiamare il nostro medico di famiglia, ma io non ho voluto, "mi passerà" ho detto, e noto come delle volte più la situazione è critica, meno do peso. Ho dimunuito il diuretico come mi aveva consigliato la mia oncologa, nel caso la pressione si fosse abbassata molto, e piano piano è tornata sui valori normali. Che poi la mia pressione è quasi sempre perfetta, il che fa anche ridere, trecento casini dovuti alla malattia, ma la pressione a posto; vabbè almeno una cosa che vada per il verso giusto, la voglio esibire anch' io...e che cos'è questa cosa che tutto va male? Ne va del mio orgoglio...
Come sempre naturalmente si deve mediare, se tolgo il diuretico, è vero che la pressione torna a posto, ma non riesco ad eliminare i liquidi in eccesso, e le gambe soprattutto la sinstra si gonfiano spropositatamente. Poi francamente sono stanca, vedo che sempre più, giorno dopo giorno, la malattia sta affilando le sue armi, pronta come ha fatto con tante mie amiche, a tirare la stoccata finale, sento che i miei giorni sono sempre più contati, certo non perdo la speranza, altrimenti non continuerei a fare le cure, sempre più pesanti, e delle volte inutili, anche se con me tutte le cure all'inizio funzionano, poi il tumore ha la meglio e bisogna cercare un'alternativa, che purtroppo credo di non avere più, sono stata anche fortunata, finora ho potuto godere di un numero notevole di cure, ora le ho esaurite e non ho più frecce al mio arco.
Delle volte mi chiedo se ha senso soffrire tanto per avere poco in cambio, sapendo che sto solo portando l'asticella della mia vita, in alto di pochissimo e che il mio destino è già segnato. Questa estate e anche i mesi invernali a dire il vero, la malattia ha fatto un notevole balzo in avanti, mi accorgo che mi stanco più facilmente, che non riesco quasi più a camminare se non per brevi tratti, a causa dei piedi e le gambe gonfi come palloni, e dell'affanno che mi attanaglia dopo pochi passi, il mio corpo ormai è tutto offeso, non c'è un pezzettino di esso che non sia compromesso, sono anche fin troppo vivace se si considerano le mie condizioni, povero corpo mio, mi fa pena, poi mi ricordo che io e il mio corpo siamo la stessa persona, e allora ho pena di me, e mi dispiace la costante perdita di autonomia; ormai mio marito mi deve lavare, vestire e svestire, capite bene che è umiliante non essere in grado neppure di infilarsi le scarpe, questo a causa del gonfiore e dei piedi ballerini. Se mio marito non è in casa, e mi devo infilare le scarpe, devo afferrarmi i piedi con le mani, bloccarli e infilarli nelle scarpe o sandali, se non faccio così, sono ancora lì a cercare di centrare la scarpa. Ogni giorno poi mi sembra di aver visto tutto, e invece una novità (brutta si intende), mi sorprende sfavorevolmente. Quello che mi consola è che sicuramente dovrò ancora soffrire molto, però tutta la sofferenza che ho avuto finora, non tornerà mai più, l'ho già scontata.