La triste storia di una gita finita prima di cominciare

La triste storia di una gita finita prima di cominciare

  • di Redazione
  • 3 Settembre 2019
  • Rita, poesie e non solo

Ritorna l’atteso appuntamento del martedì con la rubrica curata dalla nostra amica Rita Meleddu"Rita, poesie e non solo"

Domenica col maritino abbiamo deciso di fare un giro dei nostri, così, senza meta, ma certamente la destinazione  sarebbe stata  un posto di mare.  Perciò dopo aver pulito la casa per bene, perché non mi piace uscire di casa lasciandola in disordine, ci siamo preparati e siamo usciti. Giunti a Barumini ci siamo fermati in un supermercato per comprare qualcosa da mangiare. Abbiamo preso della scamorza affumicata, del salame di Desulo e pure il pane tipico di Desulo, e già che c'ero ho fatto un po' di spesa per casa, che tanto qualcosa serve sempre. Noi abbiamo il frigo sempre pieno e sempre vuoto. Questo mistero si spiega facilmente col fatto che in casa siamo in 4 e grazie a Dio l'appetito non ci manca. In più a Elio piace cucinare, e sembra brutto non fare onore a ciò che di buono prepara.  Abbiamo lasciato il negozio e già mi pregustavo il pranzetto, e invece...
Elio carica  tutto in macchina, io invece mi accomodo in macchina, ma non faccio in tempo a sedermi che sento un gran calore sul fianco.  Non ci voglio neanche credere, il sacchetto mon piscion si deve essere aperto, nel caso poco male, basterà chiudere il rubinettino. Lo guardo e vedo che non si è aperto, intanto la macchia della pipì dilaga e mi bagna tutto il sedere, mutande, pantaloni e anche la maglietta.  Guardo bene e vedo che il sacchetto posizionato meno di un'ora prima, si è staccato.  Forse era un sacchetto difettoso, non è la prima volta che capita, anzi una volta è accaduto che Elio mi abbia sostituito 3 sacchetti prima di trovare quello che aderiva perfettamente alla cute. Mmmmm, penso, la gita è iniziata male. Mi riempio il fianco di fazzolettini e di corsa si torna a casa per sostituire il sacchetto.  La cosa strana è  che le altre volte mettendo dei fazzolettini di carta nel punto in cui si era staccato il sacchetto, riuscivo a gestire la situazione e l'urina continuava a confluire all'interno del sacchetto. Questa volta è diverso, il sacchetto non ha aderito quasi per nulla; quindi l'urina ha trovato una via d'uscita ed è appunto uscita. Neanche un minuto e sono completamente zuppa di urina e non è il massimo del piacere.  Dopo una decina di minuti siamo a casa, Elio provvede ad "apparecchiare" come dico io, il letto, con i teli in spugna e le medicazioni occorrenti, e io filo in bagno a togliermi di dosso gli abiti bagnati. 

Indossavo dei jeans aderenti elasticizzati, faccio per toglierli, ed evidentemente sfrego il sacchetto, mi tolgo i pantaloni e sento un tonfo. Guardo per terra e vedo il sacchetto, e orrore, attaccato al sacchetto vedo il catetere che si è praticamente sfilato dalla sede (il rene) e ora giace a terra. A questo punto la gita è sfumata e dico la verità, mi interessa poco, mi interessa correre al Brotzu dove sono seguita per le questioni dei reni. Mi lavo di nuovo, Elio mi medica il punto d'ingresso del catetere me lo chiude con garza e cerotto per evitare che si sporchi, e via di corsa a Cagliari, in ospedale. Sono tranquilla, benché un po' impaurita (ma è normale), e prevedo che se riesco a urinare normalmente (visto che il rene sinistro è morto da anni), mi daranno uno sguardo e mi rimanderanno a casa dopo aver programmato l'intervento di riposizionamento del catetere.  Elio mi dice di non bere acqua perché ha paura che poi possa stare male, io invece sono del parere contrario, berrò dell'acqua, non tantissima certo, perché la paura di Elio è anche un po' la mia, per vedere se riesco a espellerla normalmente. Fortunatamente è così, ma in macchina inizia il mal di pancia, non ero più abituata a quella sensazione fastidiosa, di quando si ha la vescica piena, da un anno ormai il catetere devia l'urina direttamente nel sacchetto e almeno una cosa favorevole in tutta questa storia c'è, non ho più sofferto di dolori alla pancia dovuti al riempimento della vescica.  Comincio a sentire fastidio e immagino già come andrà a finire. Arriviamo in ospedale e cerchiamo un parcheggio, siamo fortunati e lo troviamo subito, ma dobbiamo fare un bel tratto a piedi e poi prendere un ascensore e salire al 10° piano in Urologia dove sono seguita. Mi sento la pancia sempre più compressa, il mio tumore è un po' dappertutto e mi schiaccia. L'ascensore sembra (a me) non arrivare mai, in più sono salite delle altre persone  e farà fermate ad ogni piano che neanche le stazioni della Via Crucis. Sento che non posso aspettare più, finalmente come Dio vuole arriviamo al decimo piano esco come un razzo dall'ascensore e mi fiondo nel primo bagno che trovo. 

Cerco di tirarmi giù i pinochietti, comodi ma così aderenti, che complice anche il sudore non vogliono scendere.  Finirò pisciata lo so, per fortuna nel trolley che mi porto sempre dietro in certe situazioni, ho cambi di biancheria e vestiti. Mi sono portata dietro un giubbino perché in reparto l'aria condizionata è così alta che rischio una polmonite ogni volta che ci metto piede. Dunque sono  impacciata dal giubbino e dalla borsa che tengo in mano e senza guardare li lancio letteralmente dentro un lavandino che si trova nel bagno.  Finalmente riesco a fare la pipì, un po' mi è scappata, ma giusto un pochino. Sono più serena, perché stavo cominciando ad avere dolori importanti e temevo di non riuscire a urinare. Mi sistemo e faccio per togliere dal lavandino in cui li avevo lanciati, il giubbino e la borsa per lavarmi, quando mi accorgo che il giubbino è completamente bagnato. Sono sicura di non aver aperto io il rubinetto, evidentemente il rubinetto ha un sensore che lo avvisa se gli si posiziona qualcosa sotto, e si apre da solo. Ecco, bene, ora sono un po' pisciata, sudata e con un giubbino bagnato inservibile.  Comunque non è una questione di vita e di morte quella, entriamo in reparto, aperto perché era orario di visite, spiego la situazione a un'infermiera che mi fa subito accomodare in Medicheria in attesa che arrivi la dottoressa, che non si fa attendere, spiego anche a lei e come previsto, visto che il rene destro sta funzionando mi rimanda a casa con l'avviso di bere poca acqua e dovrò tornare domani per riposizionare il catetere. Naturalmente è sottinteso che se dovessi avere problemi o dolori forti, dovrò tornare immediatamente da lei.  Mi sento più tranquilla ora, prima di lasciare l'ospedale vista l'ora tarda, decidiamo di prenderci un caffè Elio, e io certamente non mi lascio sfuggire l'occasione di prendere una pasta.  Elio non la vuole, peggio per lui, io la dieta la inizio sempre l'indomani e infatti non la faccio mai, la devo sempre iniziare l'indomani e dunque si rinvia sempre al giorno dopo...

Ora torniamo a casa e io bevo giusto un goccio d'acqua per togliere il sapore del caffè e dopo un pochino iniziano i guai. Mi viene voglia di fare la pipì e non possiamo fermarci da nessuna parte.  Aiuto, un viaggio infernale, sembrava che non dovessimo arrivare più.  Per di piu si è messo a piovere forte e non potevamo neppure andare più spediti, a tratti poi la strada era completamente allagata e non era il caso di romperci l'osso del collo. Finalmente arriviamo a Nuragus, praticamente a casa e cosa troviamo in mezzo alla strada? Un gregge di pecore che attraversava con una lentezza esasperante.  Io fremevo, pioveva ma mi veniva fatto di scendere e farle attraversare io. Ora intravedo la salita che porta a casa, muoviti Elio, non ce la faccio proprio più, non appena frena, cosa che non faccio mai, scendo in strada, non aspetto neppure che porti la macchina in garage, scendo dalla macchina con la rapidità del fulmine e mi precipito su per le scale di casa. Scommetti mi dico che c'è qualcuno in bagno? Non sono Nostradamus ma in certe cose ci prendo sempre, entro al buio, getto la borsa sul divano e attraverso il soggiorno e il cucinotto con falcate degne di Pietro Mennea ai suoi tempi migliori, mi scontro con un figlio (non so chi fosse, era buio) e urlando come se fosse interessante dirlo esclamo: "me la sto facendo addosso!!!" mi precipito in bagno e finalmente faccio la pipì.  Che bellezza, un gesto così semplice e involontario ti fa stare subito bene. Ora posso cominciare a pensare a domani, ho tutto pronto, domani devo solo cercare di stare serena,  anche se l'ansia la fa sempre un po' da padrona, però oggi voglio pensare a oggi, domani è un altro giorno e si vedrà. E per la gita ci saranno altre occasioni. In fondo questa è stata una gita della salute e ha più valore di tante altre.