Il trolley della fortuna!
- di Redazione
- 13 Ottobre 2020
- Rita, poesie e non solo
Ritorna l’appuntamento del martedì con la rubrica curata dalla nostra magica Rita Meleddu
Quando mi sono ammalata, esattamente 11 anni e 7 mesi fa, mi avevano data per spacciata. Chi mi conosce bene sa che è la verità, anche perché che senso avrebbe dire cose non vere? Quando racconto la mia storia mi piace più far ridere che far piangere! Ho riscontrato continuamente che molti lettori e lettrici che mi scrivono poi in privato, mi chiedono di continuare, perché la mia storia può aiutare sia chi si trova ad affrontare la malattia per la prima volta, sia chi è in cura da tempo. Questo è il solo motivo per cui scrivo, se posso aiutare, specificando certi sintomi e parlando delle mie cure che io descrivo ma non consiglio mai. Bisogna sempre assolutamente rivolgersi al proprio dottore, saprà lui cosa prescrivere. Quando mi ammalai, dunque, il mio medico di famiglia non esitò a porre la diagnosi di cancro, e mi spediva di corsa a Cagliari, all'Oncologico. Era il 18 marzo del 2009 (il giorno successivo, il 19 marzo è il giorno di San Giuseppe che credo ci abbia messo lo zampino, anzi il bastone, visto che sono ancora viva) mi presentavo in ospedale. Grazie San Giuseppe per non sapere né leggere e né scrivere. Il 18 marzo preparai il mio trolley, misi le cose essenziali che servono in caso di ricovero; mi ero già comprata delle camicie da notte nuove, una vestaglia, le pantofole; ed ero pronta! Il 19 di primo mattino eravamo già in ospedale, con mio marito, la sorella di mio marito (più agitata di me) e il marito. Per i primi tempi sono stati i miei accompagnatori ufficiali e ci hanno aiutato tantissimo. Arrivammo in chirurgia, mi fecero entrare, vista l'urgenza, immediatamente, il medico mi visitò, e disse che assolutamente non poteva intervenire chirurgicamente, il tumore era già troppo avanzato localmente.
Gli diedi il foglio di ricovero, e lui disse:" tranquilla, che nessuno la manderà via in queste condizioni. Pensai allora che mi avrebbero ricoverato subito, ma mi sbagliavo. A un certo punto disse: "Potrei provare a operarla, ma la devo praticamente smantellare". Usò proprio queste parole e io risposi: "Va bene; lei lo sa più di me cosa è meglio." Mi disse allora che potevo tornare a casa, mi avrebbero chiamato loro per fare l' ago aspirato e informarmi sulla data esatta per effettuare il pre-ricovero. Tornammo subito a casa, in ambulatorio era entrata con me solo mia cognata e, viaggiando verso le nostre case, che sono praticamente attaccate, riferivamo ai nostri mariti del colloquio avuto con il chirurgo che mi avrebbe dovuto operare. Giunti a casa, il medico di famiglia che però in quel momento era già in pensione, e che purtroppo ora non c'è più, uscì per avere novità, o entrai io da lui, non ricordo bene, c'è da dire che il figlio del mio medico, è anche lui medico, gastroenterologo. Allora lavorava proprio col medico che mi aveva visitato poco prima, anzi fu grazie a Raffaele e al padre che venni presa subito in consegna. Lo ripeterò fino alla nausea, non passerò mai davanti a un altro ammalato, neanche morta, quella volta però ero io quella che stava malissimo. Non ringrazierò mai abbastanza Raffaele e dott. Orrù per il grande aiuto e conforto ricevuto. Per me dott. Orrù era come uno zio e gli volevo un bene infinito, a lui come a tutta la famiglia: signora Teresa e Rita mi hanno aiutato in mille modi e mi viziano pure. Sanno che adoro mangiare i cachi, e ogni stagione me li fanno gustare. Quando mi ammalai ricordo il loro dispiacere sincero, dott. Orrù era diventato il mio punto di riferimento; insieme al medico di famiglia che ringrazio ugualmente per tutto ciò che ha fatto per me, e alla mia oncologa. Non passava giorno che dott. Orrù non venisse a casa a trovarmi, delle volte anche solo suonando il campanello per avere notizie. Ogni tanto si presentava con qualcosa, una volta con una cassetta di cachi; e mio marito scherzando gli diceva: "Sono per me?" E lui:"No, sono per la bambina..." Quanti suggerimenti mi ha dato, e quanto abbiamo riso insieme. Ricordo che dopo i primi cicli di chemio, dovetti fare i fattori di crescita. In pratica è una punturina preriempita che serve a stimolare il midollo a produrre i globuli bianchi, quando sono troppo bassi, altrimenti non si può eseguire la terapia. Questa punturina minuscola si fa sottocute, noi non ne avevamo mai fatta una, e dott. Orrù si offrì di farla lui. Venne a casa, e disse che non conosceva questa punturina, e se la rigirava tra le mani. Ora, questa punturina costava quasi 1800 euro, uno sproposito per me, ma un’altra che faccio ora ogni 21 giorni ne costa 2600. Io, temendo che dott. Orrù facesse cadere la siringa, gli andavo dietro con le mani a coppa dicendo: "Stia attento dott. Orrù che se si rompe, dobbiamo uscire in paese a fare una colletta per ricomprarla!" Ecco ridevamo anche di cose serie... Mi fece lui anche la seconda punturina, poi spiegò a Elio come fare, e da allora me le fa lui. Ho sofferto tanto quando è morto, anche perché pensavo che noi pazienti siamo ignoranti (nel senso buono del termine), lui, invece, sapeva tutto, e, a mio parere, ha sofferto di più, cercando di nascondere alla famiglia come realmente si sentiva, questo succede per il troppo amore.
Torniamo però al trolley. Da quel 19 marzo è stato tutto un susseguirsi di visite in ospedale, per questo o per quello. Una volta gli esami radiologici, un'altra i prelievi, ancora visite chirurgiche con biopsia, la scintigrafia ossea, poi finalmente la mia presa in carico da parte di un'oncologa in un primo tempo e dopo con un'altra che mi faceva andare in ospedale ogni 2 per 3, per discutere sull' approccio terapeutico da adottare. C'era poi il fatto che l'istologico tardava ad arrivare tanto che a un certo punto decise di farmi iniziare la chemio, senza attendere: che si trattasse di tumore lo sapevamo… Secondo lei però, io ero inoperabile fin da subito, e quindi che i chirurghi non si mettessero in testa di toccarmi! Questo succedeva gli ultimi giorni di marzo; invece dopo pochi giorni ricevo una telefonata dalla chirurgia nella quale mi invitavano a presentarmi per effettuare il pre-ricovero, con relativi esami, e poi se tutto fosse stato a posto, dopo 15 giorni sarei stata operata. Ribattei che io ero prontissima, ma la mia oncologa non era dello stesso parere, a questo punto si sentissero tra di loro. Fatto sta che il 23 aprile, invece di entrare in sala operatoria; iniziavo la chemio, che ottenne un effetto impensato... Ecco, tutti questi giorni, veramente tanti che trascorrevo in ospedale, ero seguita dal trolley, che immancabilmente tornava con me a casa, e che da quel momento venne lasciato in casa, in soffitta. È sempre pronto e nel corso degli anni sono dovuta correre per urgenze in ospedale, è venuto con me e con me è rientrato, nessun ricovero. L' ho portato le tante volte che sono dovuta correre al Brotzu, per problemi dovuti al catetere renale esterno, o le varie volte che si è dovuto posizionare e sostituire. Anche allora nessun ricovero, ma DH. Ha fatto invece il suo dovere in occasione delle crioablazioni del 2010 e del 2011, visto che ho trascorso 2 giorni in ospedale, e a marzo di quest'anno, quando mi hanno ricoverato a Isili; allora, poverino, la sua costanza è stata premiata! Mi sto talmente affezionando a lui, e al fatto che mi porti fortuna, che in occasioni nelle quali penso che mi possa servire, me lo porto dietro, e quando torniamo a casa gli dico: "Grazie piccolino, hai visto? Anche questa volta siamo tornati a casa, sani, si fa per dire; e salvi!!!