Waiting rooms
- di Redazione
- 25 Ottobre 2024
- La collana di perle di Giulia
L’amica Giulia Muntoni ci conduce in un viaggio introspettivo colmo di riflessioni
Le sale d’attesa sono botole che si aprono su un mondo diverso, ignoto ai più. Sono isole sulle quali si approda da soli, per quanta compagnia ci si possa procurare. Anche quando il motivo non porti ansia o paura, costituiscono comunque uno stop forzato ai ritmi frenetici della giornata, una voragine imprevista che cambia il flusso dei pensieri. L’esperienza di un paziente oncologico è amplificata rispetto alle altre. Come del resto tutto il decorso di questo tipo di malattia, anche le occasionali pause in attesa di un controllo assumono il valore di un faro puntato sulle paure più nascoste che, in un attimo, riaffiorano sfrontate. Non sono MAI soltanto un altro impegno della giornata. Più una cartina al tornasole del proprio stato mentale, di cosa si agiti nei meandri nei quali di solito nascondiamo i pensieri più bui e problematici. Perchè un malato oncologico, anche una volta guarito, non sarà mai sereno o distaccato. Neanche l’essere positivi significa cancellare la preoccupazione per l’esito di quel responso. Un potere, però, rimane: provare a sfruttare al meglio quel momento che, periodicamente, ci costringe a stare con noi stessi. E riuscire a metterci comodi in quell’anticamera, metaforica e non, in cui raccogliamo i pensieri, per imparare nuovamente a concentrarci su quello che conta davvero.