Under the debris

Under the debris

  • di Redazione
  • 21 Settembre 2018
  • La collana di perle di Giulia

Ritorna l’appuntamento del venerdì con una preziosa perla regalata dalla nostra amica Giulia Muntoni

Mi ha sempre colpita il fatto che, mentre io vivevo la mia vita anche nei suoi aspetti più banali, in quello stesso momento, ovunque nel mondo, ci fossero persone che affrontavano tragedie, perdite, morte. Ed io, magari, ancora seduta nella stessa posizione, neanche un sussulto nel mio respiro. 
Questa contemporaneità mi spaventava e affascinava. E, comunque la si veda, è inevitabile, come le albe, i giorni e i tramonti. 
Al momento, pare che sia la mia personalissima parte di mondo ad essere finita sotto sopra.
Ancora una volta, tutto quello che pensavo di sapere su me stessa non sembra avere più importanza, non è più attuale, è già cambiato. 

Ad osservare da fuori, probabilmente si direbbe che ci sia stato un preavviso, eppure io ricordo solo che il paesaggio attorno a me si è oscurato molto velocemente. 
Se l’elettricità cessa di funzionare, anche il congegno più tecnologico del mondo diventa inutile. Si torna alle origini. A muoversi nell’oscurità a tentoni, lasciare che gli occhi si abituino alla mancanza di luce, fino a cogliere i contorni delle cose, fornendoci indizi per capire dove siamo.
E se, dopo che il cataclisma ha colpito, non riuscissimo ad alzarci? L’aria satura di polvere ci brucia i polmoni e, ad occhi chiusi, non siamo neanche sicuri di poter respirare? È quello, secondo me, IL momento. È proprio lì che è racchiusa la differenza tra chi sopravvive e chi soccombe: nel seme che, ancora prima che dalla volontà, nasce nel pensiero. È l’intenzione. Di reagire, di vivere, di respirare.
D’accordo, inalare è pericoloso ma non farlo è impossibile. Respirare è puro istinto.

Ecco, la chimica attuale del mio corpo continua a ripetermi che non esiste sole abbastanza splendente da riscattare la pesantezza dei miei occhi insonni, che il paesaggio lunare che mi circonda rimarrà tale per sempre. Ma io non le credo.
È vero, sembra passata un’eternità da quando, grazie all’adrenalina, ho spiccato il volo anzi che precipitare. Quella vitalità adesso non la possiedo, è un dato di fatto. La stanchezza mi immobilizza, attanaglia il mio spirito nell’ombra, adducendo false ragioni fatte di paura.
Spesso, ultimamente, mi son sentita impotente, come se non ci fosse altro da fare che aspettare che la terapia finisca e io possa tornare sui miei passi.  In un certo senso, sono anche io come quel poveretto sotto le macerie coi polmoni saturi di polvere. 
Beh, se lui non si arrende non lo farò nemmeno io

Sarò anche ai minimi storici della mia energia ma sono certa di saper ancora amare. Perciò l’amore sarà la mia boccata di ossigeno sotto le macerie.  Inizierò dalle origini: dai piccoli gesti, dalla tenerezza verso me stessa. Poi, lo spero tanto, verrà il resto.
Lo so, ora non sembra. Ma io vi giuro che, sotto queste macerie, mi troverete viva