Tomorrow we'll see
- di Redazione
- 9 Ottobre 2020
- La collana di perle di Giulia
La delicata perla della cara Giulia Muntoni ci riporta a vivere nell'oggi per vedere tutto più chiaro in futuro
Un giorno guarderò a questo periodo della mia vita e la lettura delle mie emozioni, dei miei errori, di quello che ogni mia azione sembra indicare su di me, mi sembrerà così palese.
"Dopo" è tutto più chiaro, di solito.
Così è stato dell’anno in cui ho scoperto di avere un tumore e poi degli anni immediatamente successivi, in cui la "scia" di motivazione conosciuta all’apice dell’adrenalina si è a poco a poco dileguata. Allora, la osservavo svanire con un senso di impotenza perché pensavo fosse lì per restare.
Se mi fossi fermata a trarre conclusioni dopo quel blocco di anni, avrei commesso l’errore madornale di giudicare una parte anzichè guardare il tutto.
Parlo come se non l’avessi fatto, non so perché. Meglio riformulare: giudicare me stessa mentre mi percepivo cambiare negli anni dopo il tumore, è stato un grave errore, a cui sto cercando di porre rimedio.
Eppure, l’avevo predetto: sapevo che ci sarebbero stati "infiniti modi" in cui mi sarei persa per poi ritrovarmi. E cosa ancora più importante, sapevo che "le due cose sarebbero spesso capitate contemporaneamente". Ma capire e accorgersi sono due azioni ben diverse. E poi, personalmente, non posso e non voglio rimpiangere oggi quello che ieri non ho capito o non ho saputo evitare. In fondo, chi siamo per decidere cosa sia meglio per noi nel lungo termine? Siamo programmati per affrontare quello che abbiamo davanti, la visione d’insieme raramente ci trova lucidi.
Che gioia, ogni volta che mi ritrovo in qualche modo dall’altro lato di un ostacolo. E che soddisfazione, capire di aver saltato al momento giusto, alla faccia dell’imprevisto e del pericolo che mi volevano fermare. Sono quelli i momenti, brevi ed intensi, in cui mi rendo conto che tutto è come deve essere.
E quella sensazione di vitalità che pensavo di dover trattenere a ogni costo non era che un’"occhiata", un indizio su quale fosse la strada giusta per me. Non un dovuto, né una ricompensa per aver superato la malattia. Una lezione, un incentivo, un augurio.
A me basta quello che intuisco, quando lo intuisco, e accetto i lassi di oscurità tra un’intuizione e l’altra. Perché tutto quanto fa parte di me. E io, finalmente, mi piaccio così come sono.