Tidal waves
- di Redazione
- 25 Marzo 2022
- La collana di perle di Giulia
L'amica Giulia Muntoni riflette sul passare del tempo e i cambiamenti del suo corpo
Guardo le mie foto degli anni passati e non mi riconosco. Il corpo prima delle cure, persino quello tra i due periodi di terapia, mi sembra così tanto più in forma e giovane, la faccia più distesa, gli occhi bene aperti. Mi guardo ora e non mi riconosco. E, a seconda dei momenti, non c’è considerazione più profonda che mi faccia stare meglio.
Certo, so bene che alcuni dei cambiamenti che vedo sono semplicemente dovuti al passare del tempo. A questi, però,vanno aggiunte montagne di effetti collaterali dovuti alla menopausa forzata o alla chemio o soltanto a una qualunque delle 6 anestesie generali ricevute negli ultimi 9 anni.
Non ci penso mai, tranne quando sento la frustrazione salire. Anche io, che ho l’abitudine di addentrarmi nei meandri più remoti di mente e spirito, alla fine devo fare i conti con un corpo. All’imporvviso, come quando ho un raptus di fame nervosa o una stanchezza profonda come un baratro mi risucchia, il fisico si trasforma in un peso morto, una prigione ingestibile.
Poi, come sempre, faccio appello alla mente. Finisco per pensare a tutto quello che il mio corpo mi permette di fare. Arti, nervi, sangue e muscoli, non una parte si sottrae allo svolgimento dei compiti, ogni singolo giorno. È l’involucro che porta a spasso i miei pensieri e mette in pratica esigenze e desideri. Spesso me ne dimentico, ma ho comunque di che ringraziare.
Ed eccomi, per la millesima volta, a chiedermi cosa significhi essere sana. Giungo alla conclusione che, prima di tutto, si tratti di cambiare prospettiva. Essere davvero più comprensivi verso se stessi e cercare di valorizzare ciò che si ha, che è sempre un regalo.
La mia insoddisfazione va e viene come la marea, e io spero tanto che il mio buon senso continui a tenermi a galla, ogni volta che il livello dell’acqua dovesse salire.