The way we are

The way we are

  • di Redazione
  • 12 Luglio 2019
  • La collana di perle di Giulia

Ritorna il prezioso appuntamento del venerdì con la rubrica "La collana di perle di Giulia" curata dall'amica Giulia Muntoni

Che senso ha essere felici se si vive una vita senza significato? Non c’è niente che mi interessi più di questo: trovare un significato o, ancora meglio, crearlo.

Oggi più che mai sono credo che il senso di quello che sono e di quello che faccio sia racchiuso nella missione alla quale sono stata chiamata: mettere al servizio degli altri l’ispirazione e l’amore che sento dentro, vivendo con coraggio ed onestà le situazioni che si presenteranno.

I due anni successivi alla fine delle terapie, quelli che io definisco il mio "high", in realtà, non erano altro che un picco di adrenalina,  generatosi come reazione istintiva alla paura di morire. Questo non lo sapevo, allora, né me ne sono resa conto per tanto tempo.

Anzi, ho passato altri due anni, successivi ai primi, sentendo di aver perso qualcosa; mi chiedevo come recuperare la serenità che mi aveva incredibilmente avvolta nel mezzo della tempesta, come tornare a quell’apparente "stato di grazia" che mi aveva messo le ali e permesso di tagliare, per la prima volta in vita mia, le catene di dinamiche scomode. Mi sono fatta queste e altre mille domande. Ma non ho trovato risposte, solo confusione e sconcerto.

Mi è parsa una sconfitta tremenda, non riuscire più ad essere quella che pensavo di essere diventata. 

Ma da poco, una cara amica ha condiviso con me la pagina di un’autrice che è sembrata finalmente dare voce alle considerazioni che aleggiavano nella mia mente senza prendere forma: leggendola, mi è stato subito chiaro che l’unica possibile risposta sta nel concedere a noi stessi il permesso di essere quelli che siamo nel momento presente. 

Perché non si può – dice l’autrice – "giocare d'azzardo con la propria vita. Non puoi controllare ogni esito e ogni aspetto come fosse un modo per non cedere all'incertezza e all'imprevedibilità di qualcosa che va oltre la tua comprensione. È la base della tua essenza: mostrarti per come sei in questo momento, e lasciare che basti".

Come potremmo, in effetti, essere in grado di pilotare le nostre reazioni alle circostanze, come se fossimo dei robot programmati più o meno efficientemente?

A volte, semplicemente, i tempi non sono maturi. E’ troppo presto per dare quel colpo di reni che ci aspettavamo, anzi pretendevamo da noi stessi. Ci sono stagioni in cui al tempo bisogna letteralmente arrendersi.

"Capita", continua l’autrice, "di non essere ancora la persona che dobbiamo diventare per contenere tutti i nostri desideri. A volte dobbiamo lasciare che il nostro io si evolva in qualcos'altro. Qualcosa che faccia sì che quello che desideriamo accada davvero".

La riprova di quanto queste parole siano giuste per me, è nel senso di pace profonda che mi ha avvolta all'istante, non appena le ho fatte mie.

Perciò, ti ammali, combatti con coraggio, guarisci. È la fine della storia? No, che ingenuità. Solo la morte è la fine della storia, e anche su questo ho i miei dubbi.

Guarisci, vinci una tappa, poi armati di gratitudine e continua, affacciati alla sfida successiva. Cadrai ancora e farai di nuovo del tuo meglio per tornare in piedi. Non sai quanto ti ci vorrà per la prossima conquista, se mai ce ne sarà un'altra. Ma, in fondo, Il bello sta anche nel non sapere, nel ricordarsi che non sempre la sconfitta è il contrario della vittoria.

Oggi mi sento bene con me stessa e sono persino orgogliosa delle mie insicurezze. Perché fanno parte di me adesso, insieme alla mia luce. Ci sono tante cose che posso migliorare, ma lascerò che questo avvenga senza forzature. In fondo, come ho sempre pensato, tutto ciò che deve essere, sarà.