The sculptor
- di Redazione
- 12 Giugno 2020
- La collana di perle di Giulia
La nostra amica Giulia Muntoni ci regala un introspettivo e incantevole viaggio nell’anima
Le dinamiche che ci perseguitano sono instancabili. A volte sembra mollino la presa solo per poi ritornare più forti di prima, e ingabbiarci con pensieri ricorrenti. I problemi che si ripresentano, manco a dirlo, sono quelli che non abbiamo ancora risolto. Eppure ci colgono per lo più di sorpresa. Ma va bene. Va bene anche non sapere, non saper affrontare, prenderci il tempo che ci serve per radunare le idee e i cocci del cuore che, ancora una volta, dovremo ri-incollare insieme con orgoglio ferito e rassegnazione. Va bene perchè siamo umani purchè, però, ogni sconfitta serva ad imparare una lezione. Applaudiamo e quotiamo spesso una frase di Einstein come se fosse ovvia ma poi ci ricadiamo, ogni santa volta. "Follia è fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi." Siamo folli quindi? Io non credo. Il fatto è che spesso le dinamiche sono con noi dall’infanzia. Quanto è difficile scardinare le reazioni automatiche che ci infiammano quando qualcuno spinge determinati tasti. Prima di accorgersene, scattano dall’alto le sbarre di una prigione che conosciamo fin troppo bene. Rabbia, frustrazione, rancore, senso di colpa. Che solitaria diventa, quella cella. Ma deve pur esserci qualcosa da fare per liberarsi. Allora penso a un’altra frase che amo, questa volta di Alda Merini: "Io non so come prende forma una poesia. Prendo il fango della mia vita e mi sento un grande scultore", e già mi sento più leggera, meno inetta, dentro la mia gabbia. E mi accorgo che mollare la presa e fare un grande respiro può essere il primo passo in una direzione più "costruttiva". Perchè l’autocritica è il primo nemico che mi tocca affrontare, ogni volta che fallisco. Una volta alleggerita, quel fango che mi circonda sembra già cambiare, prende più la forma di un’opera d’arte solo mia, in cui mi fanno tenerezza in ugual misura la mia testardaggine e la mia mancanza di risultati. Intravvedo barlumi di bellezza venire fuori da tutto quel dolore e riversarsi all’esterno, filtrando dalle sbarre. Dopo tutto, questa sono io. Tutta quanta. Le sbarre e la bellezza le circonda. Forse, in fondo, l’unica cosa che ci definisce è quello che siamo in grado di creare, in qualunque stato ci troviamo, qualunque sia il modo in cui siamo arrivati all’ "adesso".
Per oggi mollo la presa. Domani ci riprovo.