It’s ok not to be ok

It’s ok not to be ok

  • di Redazione
  • 25 Giugno 2021
  • La collana di perle di Giulia

Arriva un momento in cui bisogna ascoltare il bambino che è in noi...anche quando piange. E Giulia è pronta a farlo

"Il paese delle lacrime è così misterioso"
La tenerezza suscitata dal piccolo principe è pari a poche altre cose che io abbia provato. Quando viene assalito dal momento di sconforto l’istinto più immediato, primordiale direi, è quello di abbracciarlo forte e non lasciarlo andare. E dire che si tratta del personaggio di un libro.Allora perché non proviamo lo stesso disarmante slancio anche nei confronti di noi stessi? La stessa immediata comprensione? Quello stesso istinto di protezione senza "se" e senza "ma"?
Quando dentro di noi, ogni tanto, quel bambino inizia a piangere, spesso in maniera inconsolabile, non appena lo sentiamo, perché tutti lo sentiamo, ignorarlo è tanto sbagliato quanto pretendere che basti sempre solo un grido di incitazione a farlo smettere.
Per un po’ è possibile che funzioni, certo. Del resto, gli abbiamo inculcato quel senso del dovere che ci guida. Del dover reagire, sempre. Essere forte, asciugare le lacrime e andare avanti. E questo non è sbagliato in valore assoluto. Ma non può essere sempre sufficiente. Perché, prima o poi, arriva una volta in cui non c’è incitamento che lo smuova, se ne resta lì seduto, attonito, con i suoi grandi occhi bagnati che ci implorano di ascoltarlo singhiozzare. E basta.
Il primo tumore aveva aperto un cratere enorme nella mia coscienza, un mio personale "Ground zero", impossibile da ignorare. Mi aveva fatto prima inciampare sulle rovine per poi spalancare insieme gli occhi ed ogni poro del mio corpo, invitandomi ad abbracciare una vita di luce ed entusiasmo.
Il secondo, invece, è arrivato in sordina, non so perché. Come il rombo di un tuono lontano, l’annuncio di un temporale distante ancora qualche chilometro. Sono stata a lungo in attesa di vederlo comparire da un momento all’altro. Ma mentre aspettavo che i fulmini si facessero più ravvicinati e già sentivo l’odore della pioggia, mi sono accorta, invece, che mi pioveva dentro l’anima. Lacrime salate, soffocate, da brava soldatina che non fiata. Quando ho scoperto la bambina accucciata, lì, in silenzio, mi si è gelato il sangue. E già stavo per abbandonardomi ad una serie infinita di recriminazioni, accuse, giudizi. "Non ho forse imparato nulla la prima volta? Come è stato possibile che non me ne sia accorta?"
È stato allora che la Grazia, però, che mai tarda di un secondo, con un’illuminazione mi ha messa a tacere: va bene così. Se c’è un tempo per ogni cosa, questo è quello dello sfogo. Perché andare avanti come se niente fosse, non porta a nulla di buono se per farlo si ignora la metà scomoda della gamma di emozioni. Allora ho fatto l’unica cosa che restava da fare. Mi sono inginocchiata, ho preso in braccio la mia brava soldatina stanca e l’ho baciata sulla nuca. Ora siamo qui, ancora strette, a cullarci canticchiando.