Inciampo nella paura, ma un abbraccio di Fiora mi sostiene
- di Redazione
- 7 Febbraio 2019
- Ho smesso di pianificare...ho iniziato a vivere!
Torna l'appuntamento bisettimanale con la rubrica curata dalla nostra Daniela Cadeddu dal titolo "Ho smesso di pianificare...ho iniziato a vivere!"
Nelle settimane successive all’intervento la ripresa andò decisamente bene.
I dolori furono sopportabili. Contro ogni mia aspettativa imparai a medicare le ferite senza grandi problemi e il morale rimase alto (ricordavo con ironia il fatto che fino a poco tempo prima mi terrorizzasse la vista del sangue, anche per un semplice prelievo).
Mi sentivo forte, piena di energie. Del resto avevo superato l’intervento con dei buoni voti, non ottimi come speravo, ma avevo meritato la promozione ai passaggi successivi. Ero intenzionata ad affrontare le terapie con grinta. Dovevo fare scorta di positività e rimanere concentrata sull’obiettivo: vivere!
Non mi documentai su internet per capire il significato di tanti paroloni che mi ruotavano intorno. Sapevo di dover fare la chemio e non accettarlo sarebbe stato l’inizio della fine.
In quei giorni mio marito iniziò a dimagrire in maniera evidente, tanto che alcuni vicini di casa, ignari della mia situazione, pensarono si fosse ammalato lui. Matteo non si era ancora ripreso dalla perdita del suo più caro amico (avvenuta quello stesso anno, a causa di un tumore) e non riusciva a metabolizzare la mia situazione. Capii che avrei dovuto trovare il coraggio per entrambi, che sarebbe stato fondamentale fargli sentire che ero sicura della mia vittoria, altrimenti la paura ci avrebbe mangiato.
Avrei dovuto prendere confidenza con il DH del Businco. Andai a conoscere l’oncologo che mi avrebbe seguito a Cagliari per tutte le terapie. Il buon Dr. Farci mi ispirò fiducia e mi affidai a lui con serenità. Confermò il protocollo di cura indicato dai medici di Milano e mi sottopose agli ultimi controlli di routine per stabilire la prima data delle infusioni.
(Ad oggi mi sento di confermare e rafforzare la stima e l’affetto per il medico che ho avuto la fortuna di incontrare. Una persona che, nonostante le difficoltà quotidiane legate al proprio ruolo, riesce a donare se stesso ai pazienti. GRAZIE Daniele!)
Il 21 settembre del 2015 Matteo ed io ci alzammo molto presto, mi sarei sottoposta alla chemioterapia per la prima volta. Fino a quel momento avevo allontanato i cattivi pensieri, avevo zittito i commenti ignoranti, avevo indossato un’armatura per proteggere me stessa e la famiglia. Quella mattina però era diversa dalle altre…non potevo pensare ad altro, non potevo rinviare, avevo un appuntamento importante.
In macchina mi sentii strana, scoppiai in lacrime, chiesi a Matteo di fermarsi, ma passarono pochi minuti e quel momento ci sembrò solo una nuvola passeggera. Pensai che la stanchezza mi stesse giocando un brutto scherzo e respirai a fondo. Sistemai il trucco e via di nuovo verso l’ospedale.
Arrivammo in reparto, mi incanalai nelle procedure di attesa. Sentii nuovamente quella morsa allo stomaco che avevo scacciato in auto...Mi guardai intorno: visi di ogni età, alcuni sorridenti, altri visibilmente provati, alcuni simpatici, altri imperturbabili, eravamo veramente tanti. Mi isolai e provai a riordinare i pensieri: "Non perdere lucidità proprio ora! Hai visto quanti anziani? Quanto lavoro per tutti gli infermieri?? Aspetta, siediti e non rompere le scatole a nessuno Daniè!"
Niente, il senso d’angoscia non voleva lasciarmi andare, volevo trovare una via di fuga. Guardavo Matteo e pensavo: "Come accidenti ti spiego che non la voglio più fare questa cosa?? La chemio è troppo, è troppo reale, troppo tutto... Sto per crollare e non riesco ad urlarlo, riesco solo a guardarti e ad abbozzare un sorriso!"
Proprio mentre mi sentivo completamente schiacciata arrivò il mio turno. Un’infermiera dai toni gentili mi fece strada nel corridoio che porta alle stanze per le infusioni. Avrei voluto fare un milione di domande ma rimasi in silenzio, non avevo la forza per trattenere il pianto e parlare allo stesso tempo. Non volevo rubare tempo al suo lavoro, avrei stretto i denti, in tanti stavano peggio di me e in quel momento ero arrabbiatissima con me stessa perché stavo perdendo la concentrazione.
Ma lei mi osservò, mi prese per mano e accarezzandomi una guancia mi chiese se fosse il mio primo giorno. Non risposi, iniziai a singhiozzare accartocciata in due, pensai di svenire. Stavo tirando fuori le lacrime di tutta una vita, quelle trattenute per orgoglio, quelle nascoste per proteggere altri, quelle che mi rendevano più vulnerabile ma forse più vera… Fiorangela mi strinse nell’abbraccio più dolce che io possa ricordare! Mi disse di non aver paura, mi guardò con gli occhi lucidi e mi giurò che non mi avrebbe lasciato finché non fossi stata bene. "Inizieremo quando sarai pronta tesoro. Non ti lascio…e vedrai che ti trovo anche una compagna di stanza simpatica che ti strappa un sorriso"
Il 21 settembre stava prendendo una piega più dolce, non avrei ricordato solo le terapie, ma il viso sincero di una donna che mi stava strappando alla paura: la mia Fiora.