Il progetto Casa Brown prende vita
- di Redazione
- 27 Giugno 2019
- Ho smesso di pianificare...ho iniziato a vivere!
Torna l'appuntamento bisettimanale con la rubrica curata dalla nostra Daniela Cadeddu dal titolo "Ho smesso di pianificare...ho iniziato a vivere!"
A distanza di circa un mese dalla firma del contratto preliminare per l’acquisto di Casa Brown, iniziò il mio (e di conseguenza nostro) percorso all’interno del variegato mondo dell’oncologia… la diagnosi, le corse, le paure, le scelte.
In un momento nel quale ci sembrò che la terra franasse sotto i piedi, il progetto di andare ad abitare nel posto che avevamo individuato con fatica diventò uno dei nostri obiettivi più saldi.
Le settimane si alternavano fra cicli di chemioterapia e pomeriggi passati con Matteo a scegliere minuziosamente i colori, i materiali, i punti luce. Gli operai si abituarono presto alla mia stravagante abitudine di fare una piccola incursione mattutina. Quando le forze collaboravano e obbedivano al mio desiderio di ripresa, alla voglia di vivere tutta la normalità possibile, mi concedevo di sognare il futuro nel luogo che lo avrebbe ospitato.
Mi sedevo per qualche minuto in un angolino delle scale, osservavo il grezzo che piano piano prendeva forma e ci chiacchieravo (in silenzio ovviamente! La storia del cancro si poteva affrontare, ma spaventare i muratori facendo pensare di avere le visioni non mi pareva carino). Spiegavo a Casa Brown che avremmo dovuto farci delle promesse: "Noi ci prenderemo molta cura di te, non ti chiederemo di essere perfetta ma dovrai essere calda e accogliente. Dovrai regalarci tanti momenti colorati e vivi insieme ai nostri amici.. dovrai ospitarci sgangherati come siamo e aiutarci a creare e realizzare nuovi progetti. Dovrai essere custode di tanti compleanni, dovrai far sentire Federico al sicuro in ogni situazione.."
Tanti pensieri, tanti sogni, non volevo che una malattia impertinente li mangiasse. (Avrei voluto scrivere malattia bastarda, ma mi pareva poco opportuno e signorile. Mi perdonerete!)
Le mie visite non si traducevano sempre in momenti di dialogo silenzioso con i muri. Mi capitava spesso di intavolare profondi (profondissimi) discorsi con il nostro nuovo amico impresario: fra la posa di una piastrella e la scelta vitale sulla collocazione dei sanitari, Filippo ed io riuscivamo a parlare di cibo biologico, di vino, di pettegolezzi di paese, di come fare per sopravvivere ai discorsi di genitori molesti nella scuola dei propri figli (Federico era ancora troppo piccolo, ma i suoi preziosi consigli mi sarebbero serviti negli anni!)
Già, il buon Signor Filippo (da Federico ribattezzato con affetto "iiiiippo") era ormai diventato parte integrante del nostro progetto. Essendo in democrazia, non gli lasciammo scelta, che lo volesse o meno sarebbe stato un nostro Amico per tutti gli anni a seguire!
Così è stato e continua ad essere…