... E poi ti ritrovi mamma di Domenicucciolo
- di Redazione
- 25 Luglio 2019
- Ho smesso di pianificare...ho iniziato a vivere!
Ritorna l’appuntamento speciale con la rubrica curata dalla nostra Daniela Cadeddu
Mentre scrivo queste righe, mi ritrovo ad osservare il mio bambino e a riflettere su quanto spesso mi sia trovata nella condizione di sentirmi inadeguata nei suoi confronti. Quanto sbagliavo e quante lezioni mi insegna ogni giorno…
Credo si tratti di uno stato d’animo che accomuna tanti genitori, con motivazioni differenti, ma spesso con un solo filo conduttore: l’idea di non poter essere "abbastanza" per i propri figli.
I primi anni di vita di Federico hanno coinciso con l’inizio della battaglia per recuperare la mia salute. Ho passato tante notti in bianco tormentata dall’idea che la situazione in casa avrebbe causato disagi per lui, pensando che i miei limiti lo avrebbero condizionato. Per quanto mi sia sempre sforzata di vivere con tutta la normalità possibile, è innegabile il fatto che molte giornate siano trascorse nella totale incapacità di potermi alzare dal letto, condizione estremamente difficile da spiegare ad un bimbo di pochi anni (talmente strana da essere spesso incomprensibile anche per me, figuriamoci doverla raccontare a lui!)
Ricordo con un sorriso il momento in cui, Matteo ed io, decidemmo che fosse arrivato anche per noi il momento di scoprire il confronto con altre famiglie e altri bimbi. Avevamo voglia di spiegare le ali e permettere a nostro figlio di esplorare la vita oltre le nostre attenzioni. Iniziare la scuola materna avrebbe dato respiro e forza a tutti e tre.
La scelta iniziale fu abbastanza rapida e facile, dopo pochi colloqui decidemmo che Federico sarebbe diventato un Domenicucciolo (un cucciolo di San Domenico). La scuola ci sembrò molto accogliente, si respirava un clima familiare. Non mancava nulla: avrebbe trascorso giornate all’aria aperta dentro il Parco di Monte Urpinu, avrebbe socializzato e gioito con i coetanei, la Madonnina del Rosario lo avrebbe protetto, sarebbe stato facile.
Nonostante tutte le ottime premesse, non avevamo tenuto conto di una variabile fondamentale: il carattere e l’età del bambino. L’inserimento in un nuovo contesto avrebbe richiesto dei tempi fisiologici che non dipendevano dai genitori.
Le prime settimane mi sembrarono interminabili, Federico si disperava ogni volta che varcavo il portone della scuola. Le forze vacillavano spesso e lo sconforto mi portava a pensare che tutto fosse troppo grande e che non sarei riuscita ad andare oltre. I farmaci che assumevo in quel periodo erano pesanti, gli effetti mi logoravano, ma lavoravo a pieno ritmo e non avevo un attimo di respiro.
Piano piano si aprirono degli spiragli di luce. Mi accorsi che le suore e le maestre stavano accogliendo la mia situazione di fragilità e stavano dimostrando in tutti i modi la volontà di tenerci per mano in un nuovo cammino. Da quel momento la nostra famiglia sarebbe stata più grande.
Sono trascorsi tre anni, non ci siamo mai più sentiti soli e la nostra minuscola coccinella ha lasciato spazio ad un bruco curioso che per poter volare nel mondo si è tramutato in farfalla.
Abbiamo imparato che non si è mai abbastanza stonati, la voglia di cantare alle feste dell’accoglienza e della famiglia supera le barriere del suono… Abbiamo sognato con i pirati e viaggiato indietro nel tempo con i grandi pittori… Abbiamo stretto la mano a Mary Poppins e vissuto i colori di una crociera stando attraccati in porto… Abbiamo imparato a fare il vino, a dipingere, a sporcarci!
"Conosco una parola magica, un asso nascosto nella manica, è come una lente davanti agli occhi, davanti alla mente…. Con gli occhi al cielo, per ogni attimo, con tutta la voce di’: GRAZIEEEE Con gli occhi al cielo, per ogni battito, con tutto il cuore grida:GRAZIEEEE"