Dani C.
- di Redazione
- 20 Febbraio 2020
- Ho smesso di pianificare...ho iniziato a vivere!
Il cuore batte forte, le emozioni parlano, per voi il racconto di Daniela Cadeddu per la rubrica "Ho smesso di pianificare … Ho iniziato a vivere"
Sono trascorsi quasi tre anni, dal momento del primo incontro con le Vales (Valentina Porcu e Valentina Ligas).
Le nostre strade si incrociarono durante un evento in ambito oncologico.
Ricordo di averle inquadrate come due trottole, sempre operative. Non sapevo molto di loro, se non che fossero giornaliste impegnate nel sociale e nello sport.
Dopo una rapida presentazione, mi proposero subito una video intervista da inserire nel portale del progetto Mai Più Sole.
Mi chiesero se avessi in mente un luogo speciale. Un posto nel quale avremmo potuto parlare della mia malattia senza che io avvertissi disagio. Risposi in maniera quasi automatica. Incontriamoci nella mia seconda casa, il Caesar's Hotel.
La primavera inoltrata giocava a nostro favore. In un paio di giorni trovammo l'incastro giusto e approfittammo di un bel pomeriggio. Incorniciate dai colori delle siepi che circondano il gazebo esterno, non si trattò di una semplice intervista.
Percepivo qualcosa di forte e profondo in quelle nuove conoscenze. Era troppo presto per dare un nome a quelle sensazioni, ma l’istinto mi portava a fidarmi senza barriere.
Mi trovavo in un momento molto delicato, probabilmente quello che ricordo con maggior fatica in tutto il percorso di cura.
Qualsiasi cosa facessi, incontravo nuove variabili che mi facevano barcollare.
Il lavoro era parte attiva e integrante della mia esistenza, al pari degli aspetti familiari. Trovavo grande conforto nel portare avanti i progetti che avevo contribuito a creare, in un luogo che era stato e continuava ad essere la principale scenografia di ogni avvenimento per me importante, nel bene e nel male.
Era il mio posto. Era casa.
Per gli amici ero semplicemente Dani Caesar (Cadeddu era quasi superfluo!)
Poco tempo dopo l’intervista con le Vales, presi totale coscienza della mia nuova situazione.
Non dovevo accanirmi nel raggiungimento di obiettivi che mi avrebbero logorato. Il corpo e la mente, sottoposti a terapia di mantenimento quotidiana, chiedevano respiro.
Ricordai quando a diciannove anni, lasciai la casa dei miei. Lasciai Nuoro, per trovare la mia strada.
Non mi sentii meno figlia, anzi. La lontananza, così come accade a tante famiglie, ci insegnò a dar più valore ai momenti condivisi.
Venti anni dopo, dovevo scegliere ancora.
Un'altra casa da lasciare per continuare a crescere.
Un'altra famiglia dalla quale allontanarsi, per poter un giorno sorridere insieme dei ricordi.
Dani C.