Ciao Fiore e un saluto a tutti

Ciao Fiore e un saluto a tutti

  • di Redazione
  • 9 Ottobre 2021
  • Di sole, di ombre, di Mari

Le bellissime parole della cara Marisa Guidetti ci ricordano l'importanza del personale sanitario e il conforto delle chiacchiere con la compagna di stanza

"Signora, con queste analisi vada al Pronto Soccorso!"

Non mi sentivo tanto male, ma quando a dirlo è l’oncologa di cui ti fidi, nel giro di qualche ora, alle 18:00 del 29 settembre, ero al Pronto Soccorso, munita di scorta d’acqua e con in macchina due valigie: una per una notte e una per "So quando entro, non so quando o se esco".

Il P.S. è il delirio, ma c’erano pazienti che hanno delirato per conto loro perché non sopportavano la situazione, quindi hanno urlato e sbraitato rispettando comunque il lavoro immane degli infermieri e dei medici, sempre troppo pochi, e firmato per andarsene. Qualcuno però, ha veramente superato i limiti dell’educazione e della decenza arrivando a lamentarsi con gli infermieri della situazione ospedaliera a Cagliari o di chi gli era stato messo vicino perché si lamentava troppo, ignorando che il paziente accanto era reduce da un incidente di cui non si sapeva quali e quante ossa erano rotte o un anziano affetto da demenza che non capiva dove si trovava.

Tagliando questo squallido antefatto, entro in oncologia verso le 3:00 di notte e, in attesa che si liberi un letto, mi sistemano nella stanza del medico di guardia. Alle ore dei pasti mi affaccio e chiedo che non si dimentichino di me, in quella stanza improvvisata è quello che temo di più, ma non succede. Ci rimango fino alla sera del giorno seguente, poi mi danno la stanza. Siamo nel fine settimana con numerose urgenze dal P.S. quindi, a parte i soliti farmaci, non c’è molto altro che i medici possono fare, ed è il pomeriggio del primo ottobre che incontro la mia nuova compagna di stanza.

Mi avevano riportata in sedia a rotelle, dopo l’ecografia. L’avevo salutata e, constatando che era allettata, avevo cercato di capire se avesse bisogno di aiuto per qualcosa, come faccio sempre. "Sa chiamare l’infermiere se ha bisogno? Le faccio vedere. Guardi, le metto il pulsante vicino, se ha bisogno prema qui. Invece qui è per muovere il letto, le va bene così? Altrimenti chiami, non sempre posso muovermi dal letto. Fiore sta alzando le gambe, non la testa, vuole mettersi a panino? Stia ferma, mi alzo piano piano e l’aiuto."

Poi aveva cominciato a chiacchierare. Non ricordo che cosa mi aveva raccontato, ma se non parlava cantava. Dopo cena mi sono allontanata per telefonare avvisando l’unica Oss presente in reparto che, se avesse continuato, avrei avuto io bisogno di aiuto. Tutto questo fino alla sera, quando sono venute a prepararla per la notte e si è capito l’arcano:

"Più tardi mi allontano e la lascio sola con le colleghe. Così vi rilassate."

"Ma non sono mie colleghe, sono infermiere e Oss…"

"Signora Fiore, la signora è una paziente come lei", risponde prontamente un’infermiera, molto più sveglia di me. Erano le 21:30 passate.

"Ma non siamo a casa della signora?"

"No Fiore, siamo in ospedale. Lei è ricoverata come me. Sono la sua compagna di stanza. Pensavo l’avesse capito." La Signora Fiore adesso aveva capito. Si è messa una mano sugli occhi scuotendo la testa come per chiedermi scusa.

Mi aveva presa per un'assistente, e forse proprio la sua personale, visto che non mi allontanavo.

Dal giorno, il suo primo pensiero appena sveglia, mattina o pomeriggio, era sempre:

"Marisa come stai? Hai dormito?"

"Si Fiore tutto bene. Anche lei ha dormito stanotte, l’ho sentita."

"Ti ho disturbata?"

Poi chiacchiere, chiacchiere, chiacchiere. Dall’infanzia in campagna, la famiglia, i nipoti e soprattutto cibo, tanto cibo.

"Nella frittura, i ghiozzetti e le trigliette non possono mancare!"

"Quando avevo l’energia per impastare, facevo le panadine. Con tutte le verdure e ovviamente col pomodoro secco. Oppure solo con salsiccia e patate".

"A casa ho le galline. Per pranzo ci facciamo il brodo con la gallina ovaiola. Cerchiamo la più vecchia e usiamo l’acqua del pozzo che è fresca fresca".

"Sarà difficile prenderla, sono veloci le galline e sanno anche volare. Signora Fiore, mi scusi adesso ho bisogno di riposare. Mi fa troppo male la schiena".

"Sì. Non andare avanti e indietro. Riposati, si vede che sei stanca. Poi, quando ti svegli, vieni che ti faccio un massaggio. Li so fare." oppure un semplice "Avvicinati un attimo. Voglio stringerti la mano".

Sono stata dimessa la sera prima di lei.

"Se non mi dimettono me ne vado! Vuoi che ti conservi qualcosa per cena?"

"No, Fiore grazie. Ci pensa mio marito. Se ci riprendiamo, andiamo a prendere la frutta nel tuo giardino, e anche le uova. Mi pensi alla prima ciliegia che gusterà".

Ciao Fiore, grazie per i tuoi racconti.

Vicini di camera, scusate se vi abbiamo fatto sentire tutti i menù della cucina sardo lombarda, insieme a vari scandali familiari, non era possibile parlare più piano.

A proposito: la situazione cibo l’ho trovata migliorata come qualità. Ben lontana dai livelli di un tempo, ma decisamente meglio delle altre due volte e mi allargo ad una lode a qualche risotto. Non quello alla milanese perché dello zafferano ne ho sentito solo il profumo che arriva da San Gavino, comunque si faceva mangiare. Il problema è la poca scelta, che c’era anche prima, ma la pessima qualità la faceva da padrona. Se qualcuno ha delle intolleranze o delle preferenze deve comunicarlo, perché in ospedale possono far arrivare solo il numero dei piatti delle presenze in reparto e si rischia di ritrovarsi senza alternative.

Il bagno funzionava e spero che facciano riparare presto la persiana che restava bloccata. A me e Fiore andava bene aperta, perché ci faceva piacere la luce naturale dalla mattina presto e dal 4° piano ho visto delle bellissime albe.

Se avrò modo o energie per farlo più avanti, vi tedierò con qualche altro racconto, ma in caso contrario ne approfitto per dare un caro saluto e ancora grazie agli angeli di oncologia sempre troppo pochi e sacrificati. Al di là della solita esiguità degli infermieri, ho visto, per l’intero reparto una sola Oss in servizio. Sola anche la notte. Assurdo!

Grazie ai medici, che ancora ricordano la parola sensibilità.

E soprattutto un saluto a tutti voi, grazie per avermi permesso di dare sfogo ai miei pensieri. Spero dal canto mio di avervi ispirato qualche pensiero positivo e qualche risata.

Quindi, per il momento: arrivederci.