Angeli in corsia
- di Redazione
- 18 Giugno 2021
- Di sole, di ombre, di Mari
La nostra Marisa Guidetti dedica un pensiero speciale al personale sanitario che accudisce i pazienti con amore facendoli sentire meno soli durante le cure
Due settimane fa, ho scritto della mitica vomitata su una dolcissima Oss che ha avuto la sfortuna di occuparsi della mia camera durante il post operatorio. Non ho detto però che questa giovane donna, dopo aver constatato che stavo meglio, si è anche informata su cosa potessi mangiare e mi ha portato la colazione. Non potrò mai dimenticare la gentilezza che ha mostrato. Una cortesia che va ben oltre l’indiscussa professionalità e che allevia la degenza in ospedale.
Devo dire che, nei miei vari ricoveri, ho incontrato spesso persone che mi hanno veramente aiutata a superare i momenti difficili. Certo, ho avuto anche a che fare con figure professionali che avrei voluto molto volentieri usare come batacchio di una campana, e l’avrei fatto se non fossi stata talmente sofferente da non riuscire a fare altro che piangere, ma soprattutto tra il personale infermieristico e assistenziale, posso contarle su una mano sola. Le mani non mi bastano invece per contare infermieri e assistenti che, oltre al dovere, hanno fatto di più, anche con un semplice sorriso, una carezza, una cortesia.
Quando mi è stata diagnosticata la sclerosi multipla, in ospedale mi facevano una flebo al giorno di cortisone, mi svegliavo la mattina, mi riassettavo il letto da sola e quando veniva l’infermiera per posizionarmi la flebo le mostravo le braccia e le dicevo: "Oggi che braccio volete? Normale o Super?" e spesso l’infermiera che me la posizionava, concludeva con una leggera carezza nel braccio e un sorriso "Fatto!" un piccolo gesto che mi alleviava dalle ore di immobilità che sarebbero seguite.
La prima volta che mi si è bloccato il picc mi sono spaventata moltissimo. Non ricordo il nome dell’infermiera che ci ha lavorato per una buona mezz'ora, alla fine è riuscita a sbloccarlo ed io... sono scoppiata a piangere! "Scusami. - le ho detto - Mi sento stupida, ma mi sono spaventata." Non ricordo il nome ma ricordo come mi ha abbracciata e mi ha asciugato le lacrime, "Signora Guidetti, coraggio, è andato tutto bene." Così anche le altre che mi vedevano e mi accarezzavano le mani "Cosa è successo? Si è spaventata?" Non c’era il covid e i contatti non erano proibiti. Adesso non è possibile ma quando sto male o sono triste mi accorgo dei sorrisi dietro alla mascherina e della carezza che scappa malgrado le rigide regole del covid.
A proposito di vomitate, è successo proprio venerdì scorso. Purtroppo, da diverse settimane, sono cominciati i dolori e l’ultima chemio me l’hanno interrotta perché, a causa del dolore, ho rimesso tre volte. Mentre mi mettevo nelle posizioni più strane per cercare sollievo, sentivo una mano che mi accarezzava le spalle. "Posso fare qualcosa per farla stare meglio?" "State già facendo tutto il possibile. Grazie".
Il medico che mi seguiva aveva già finito da un bel po’ il suo turno e mi disse che non se ne sarebbe andato finché non si fosse sincerato delle mie condizioni. Volevano trattenermi in ospedale poi mi hanno dato la morfina ed ho chiesto di tornare a casa. Per la prima volta dopo settimane, ho dormito 5 ore di fila.
Ad oggi, forse si è trovato il dosaggio adeguato per l’antidolorifico. L’altro giorno sono tornata in ospedale per fare un po’ di idratazione e del cortisone, in attesa dei risultati della Tac "Signora Guidetti, come stai oggi?" "Decisamente meglio grazie. Sono un po’ stordita dagli antidolorifici. Ma speriamo che non si replichi più la scena dell’esorcista". Quando anziché chiamare un medico penso all’esorcista, vuol dire che sto veramente meglio.