Niente paura! Niente paura, ci pensa la vita, mi han detto così!
- di Redazione
- 17 Maggio 2022
- Amor vincit omnia
L’amica Daniela Zedda parla della sua esperienza più profonda e di come ha deciso di affrontare la malattia
DISCLAIMER: Ed è sempre oltre il confine della paura che nasce l’ALBA più bella che tu abbia mai visto…
Nel lungo viaggio chiamato malattia, colei che per tanto tempo fa da padrona, l’altra compagna di viaggio inseparabile, è la PAURA, che rappresenta forse il principale e più concreto ostacolo che si contrappone tra te e la rinascita. La cosa che più mi lascia perplessa e stranita e che mi sorprende sempre, è il fatto che continuo a parlare della mia malattia al PASSATO, come fosse oramai un evento concluso, superato, un evento che non fa più parte della mia vita, come quasi io avessi sconfitto questo male, mentre invece la realtà dei fatti è che è sempre vivo e presente dentro di me…è solo che dorme, per un tempo indefinito, di cui non si conosce la reale tempistica d’azione. Questo è il motivo per cui vivo con il FIATO SOSPESO, consapevole del fatto che il tempo a mia disposizione potrebbe dilatarsi a lungo, o scadere da un momento all’altro, e allora sento dentro di me, pregnante, il desiderio e la necessità di volergli attribuire il giusto SIGNIFICATO. Quando mi sono ammalata, non ho passato tantissimo tempo a chiedermi PERCHE’ A ME…
Ho passato più tempo a chiedermi PERCHE’ fosse arrivato così velocemente a uno stadio così avanzato, PERCHE’ non mi era stata data possibilità di combattere per vincere, ma anche quel pensiero presto è stato accantonato. Capirai! Si ammalano anche i bambini, perché allora a loro si, e a me no? A cosa sarebbe servito stare lì a porsi domande la cui risposta nulla avrebbe potuto cambiare all’oggettiva realtà dei fatti? "Perché, perché, perché! Mi sa che voi sulla Terra sprecate il vostro tempo a porvi troppi perché. D’inverno non vedete l’ora che arrivi l’estate, e d’estate non vedete l’ora che arrivi l’inverno, per questo non vi stancate mai di rincorrere il posto dove non siete, dove è sempre estate!" rispondeva all’amico, Novecento il protagonista del "La leggenda del pianista sull’Oceano"…ed è proprio così, desideriamo sempre ciò che non abbiamo. Dovevo riniziare da ciò che ERA RIMASTO, non da ciò che era andato oramai irrimediabilmente PERDUTO: avrei potuto passare giorni a scervellarmi alla ricerca della risposta a quei perché, ma non ne avrei mai trovato una accettabile, si trattava semplicemente di rialzarsi e ripartire. "Non trovare la colpa, trova il rimedio." Era molto più utile spendere le mie energie e il mio tempo in questa direzione.
E poi questa vita che nei film dai risvolti romantici e struggenti si conclude sempre con un finale melenso, nella realtà mica ti dà tregua! Non è che siccome sei malato la vita ti regala solo belle esperienze, momenti piacevoli e grandi soddisfazioni. Tutt’altro: lo scorrere degli eventi della vita non si arresta, e ai tuoi problemi di salute si affiancano quelli della quotidianità, in un turbinio di difficoltà che a volte pare quasi di scendere in picchiata sulle montagne russe, e per un attimo ti pare quasi di non essere in grado di affrontare tutto questo, ma poi, alla fine…. CE LA FAI. SI', CHE CE LA FAI. Ti rialzi, respiri a fondo e ricominci, e se ti guardi indietro dici "Eh, va beh, però ne ho fatta di strada!". Ti volti giusto un attimo per ricordarti da dove sei partito, e poi guardi di nuovo di fronte a te, alla salita che ti aspetta, fatta sì di ostacoli, ma anche di grandi soddisfazioni, di sorrisi, DI ATTIMI CHE VALE SEMPRE LA PENA VIVERE.C’erano giorni in cui, durante i primi cicli di terapia, la sera mi sedevo davanti al fuoco e dal mio viso scendevano silenziose quelle lacrime di quel dolore taciuto privo di spiegazione che, comunque, dimorava dentro di me. Erano LACRIME RARE, MA LIBERATORIE. Era la valvola di sfogo di quella tristezza che poi la notte portava con sé il sonno che, un po' per le terapie, un po' per la preoccupazione inconscia, spesso era disturbato, non continuo ma irregolare. I risvegli notturni erano frequenti, e gli occhi lì fissi, a guardare le ombre. Le prime notti rimanevo sveglia nel buio a fissare mia figlia mentre dormiva e PREGAVO, perché nel guardarla pallida e innocente, mentre dormiva, mi rendevo conto che la mia malattia avrebbe destabilizzato tanto la mia, quanto la sua di vita, e pregavo perché mi venisse concessa un'altra possibilità, affinché io potessi porre rimedio agli errori commessi, affinché potessi avere il tempo di crescerla. Intanto, però, per ovviare all’insonnia riuscì a escogitare una STRATEGIA che, devo ammettere, su di me sortì benefici straordinari. Quando mi svegliavo, nel pieno della notte, afferravo il telefono e mettevo, in sottofondo, della musica classica, molto dolce, tranquilla e rassicurante, che, come per magia, spegneva i pensieri, mi rilassava, mi rasserenava e tornavo a dormire. Aveva UN EFFETTO TERAPEUTICO CALMANTE, e nell’ascoltarla mi sentivo talmente in pace da riprendere sonno senza difficoltà. Per quanto possa apparire strano anche la musica ha un effetto curativo, ed è stata una grande alleata per me in tutti questi anni, mi trasmetteva serenità, energia, mi rasserenava e mi emozionava.
Vivevo tutto in maniera molto più intensa, più profonda, e spesso mi soffermavo ad ascoltare i miei pensieri. Certo! Lo ammetto. Un po' ARRABBIATA lo ero, per quello che mi era successo. Sarebbe stato strano il contrario. Io che non avevo mai desiderato niente di più dell’essere amata e di poter amare, io che non ho mai desiderato una bellissima casa o una super macchina, che non ho mai desiderato nulla di materiale, che ritenevo un privilegio il poter possedere la semplice normalità fatta d’affetto, così dal nulla, nel giro di pochi mesi mi ritrovavo con un tumore metastatico. Non lo trovavo corretto. Con tutto quello che esiste oggi, con tutti i miracoli che la medicina è in grado di fare, io dovevo avere proprio "UN TUMORE METASTATICO, UN TUMORE FRAGILE COME IL CRISTALLO, CHE GUAI A CHI LO TOCCA! MEGLIO TENERLO LÌ, FERMO, SILENTE, IMBALSAMATO." Non mi pareva mica giusto. Che sorte! Un po' stizzita lo ero. E allora lì, vien fuori la classica esclamazione "E va beh!" …. E cos’altro puoi dire, d’altronde? Avessi buttato giù il mondo a calci non sarebbe cambiato niente. E alla fine, è stata LA MENTE RAZIONALE ad aver preso il sopravvento, e un giorno passando davanti allo specchio mi sono ricordata di quando, molti anni prima, un’amica mi aveva chiesto di guardare una foto che ritraeva i miei occhi. "Cosa vedi nei tuoi occhi?" mi disse "Nei miei", io non vedo niente! Non mi ritrovo, non mi riconosco, e questo perché non ho ancora capito veramente chi sono e cosa voglio!"Quel giorno, mi guardai allo specchio, con quel capellino nero, e il fazzoletto colorato, il viso gonfio, la pelle opaca, senza più capelli e una gran stanchezza addosso, e mi chiesi "Cosa vedo nei miei occhi?", cosa si nascondeva dietro a quell’espressione fiera, ma affaticata? Potevo passare il tempo a piangere a disperarmi? A che serviva? Si trattava di fare il passo più importante, LASCIARE ANDARE LA PAURA, LASCIARE ANDARE UN FUTURO INCERTO A FAVORE DI UN PRESENTE DA COSTRUIRE GIORNO PER GIORNO, COMUNQUE FOSSE ANDATA. In quel momento vidi come un lampo di luce balzare nei miei occhi. Quegli occhi pieni di ostinazione, ma di profonda dolcezza, proprio come quelli di un bambino impaurito che cerca conferme da sè stesso. Era tempo di tendermi la mano, di ricominciare da lì, da quegli occhi decisi e pieni di viva speranza. E il tempo piano piano ha attenuato la paura della morte. È sempre IL TEMPO a porre rimedio, A CREARE EQUILIBRIO LADDOVE LA PAURA CERCA DI CREARE SCOMPIGLIO, confusione, angoscia. Il tempo continua a scorrere, la quotidianità, tutto come prima, o quasi. I giorni più complicati, rimangono sicuramente quelli che coincidono con gli accertamenti periodici, finalizzati alla rivalutazione della stadiazione del tumore. Una nuova biopsia, una tac, tuonano sempre come una sentenza. Supererai l’ennesimo crush test, o il referto mostrerà un preoccupante colpo di coda dell’avversario?? Per me è sempre un tuffo al cuore. E, anche qui, ho elaborato una strategia. Sono diventata una vera e propria STRATEGA NEL TEMPO, non c’è che dire! Questa cosa mi fa sorridere. Andavo avanti a strategie, un po' come Napoleone, il più grande stratega di tutti i tempi!! Avevo deciso che, ritirato il referto, l’avrei consegnato in mano a mio fratello: l’avrebbe letto lui, e, gli dissi che se la Tac avesse evidenziato una regressione del tumore, me l’avrebbe dovuto dire, che se fosse rimasta invariata, mi avrebbe dovuto dire questo, ma che se avesse evidenziato un peggioramento avrebbe dovuto dirmi che era rimasta invariata.
In quel caso volevo che mi mentisse. Avevo bisogno di tutelarmi, non era necessario sapere tutto. UN PIANO INATTACCABILE….peccato che, puntualmente, dopo soli 3 minuti dall’aver ritirato il referto, con il cuore in gola e la busta che lo conteneva in mano, la scollavo velocemente, tiravo fuori il foglio e cominciavo a leggere. Questione di millimetri, centimetri, misure. Non che non capissi, non che non capisca, capisco tutto perfettamente. Era la paura a togliermi il respiro, era la paura che mi imponeva di guardare dall’altra parte. D’altronde io guardavo al concreto, al come stavo, e nonostante tutto IO STAVO ANCORA BENE. Questo mi bastava. Al resto avrebbero pensato i medici. Avevano, e hanno la mia fiducia illimitata. Ripiegavo quindi diligentemente il foglietto, lo reinserivo nella busta, e lo poggiavo ordinatamente sul tavolo, dimenticandomi della sua esistenza. Non avevo nessunissima intenzione di andare ad analizzare parola per parola il referto, misura per misura, avevo deciso di IGNORARE LO SCOMODO INQUILINO, DI PRIVARLO DI QUALUNQUE TIPO D’ATTENZIONE, di farlo sentire talmente solo da spingerlo ad abbandonare spontaneamente il mio corpo. Avevo deciso di volgere la mia attenzione altrove, ed era come se i miei occhi, quegli occhi che avevano combattuto e sprigionato forza e determinazione fino ad allora, avessero imparato nuovamente a vedere, e a farsi accecare dalla luce della speranza, al di là dell’ovvio.
La mia è vita è come quella di chiunque altro: si può convivere con il cancro, se impari a tenere a bada la paura, e a dare più valore a quello che conta realmente. Perché è vero che passiamo tantissimo tempo a preoccuparci di cose che ci appaiono importanti ma che non lo sono, alla luce di quelle che riconosci esserlo veramente. E impari che tutto ciò che rimandiamo a domani, potremo non avere il tempo di viverlo, che il lavoro è importante, è vita, è respiro, è gratificazione e soddisfazione, ma che non si può vivere solo di quello e solo per quello, come troppo spesso facciamo. E impari che è importante ritagliarti degli spazi tuoi, realizzare quei sogni che, per ASSENZA DI TEMPO, hai sempre rimandato. Lo farò domani, il mese prossimo, l’anno prossimo, ma a nessuno è promesso il futuro, e così il tempo passa e molti sogni rimangono nel cassetto, molte esperienze finiranno nel dimenticatoio tra le cose che hai sempre desiderato, ma mai fatto. CERTE ESPERIENZE PER QUANTO FORTI TI INSEGNANO TANTO, SONO MAESTRE, ed è lì che capisci cosa significhi realmente vivere appieno, e non ti senti più in colpa se lasci spazio a quella parte di te che hai spesso trascurato, non hai più bisogno di dare mille spiegazioni, LA VITA È ADESSO…O ADESSO, O MAI PIÙ!