Liberi di sognare, più leggeri della realtà, liberi di sognare per poter vivere come ci va
- di Redazione
- 19 Aprile 2022
- Amor vincit omnia
Torna l'amica Daniela Zedda che racconta con semplicità ed estrema lucidità il modo in cui ha parlato ai suoi familiari del tumore
DISCLAIMER: A volte siamo chiamati a scegliere: ci viene chiesto di decidere se preferiamo nasconderci dietro ad una BELLA BUGIA, o se preferiamo affrontare, di petto, una BRUTTA VERITA’. La verità, talvolta, può fare molto male, ma l’importante è continuare a vivere con la folle certezza di un possibile futuro che verrà!
L’incontro con la malattia è sempre un incontro al buio, non programmato, con una VERITA’ nuda e cruda che si presenta improvvisamente, sfondando la porta delle certezze di una vita fatta di abitudini e regolarità, e che porta con sé confusione e scompiglio.
Eh, si! Perché dal giorno in cui bussa alla tua porta la MALATTIA, anche la VERITA’ diventerà la tua fedele compagna di viaggio, la costante di tanti dialoghi in cui farà da protagonista e da padrona. E, se è vero che la VERITA’ è molto spesso SOGGETTIVA, perché dipende dal punto di vista individuale, e altrettanto vero che ci sono VERITA’ OGGETTIVE, che derivano da una REALTA’ INDISCUTIBILE che è, e rimane una, e una sola. La prima grande VERITA’ quando ti ammali, arriva dalla DIAGNOSI, che ti investe rigida e impetuosa, forte delle certezze che derivano dagli accertamenti clinici. Sappiamo tutti che, così come imposto loro dal consenso informato, i medici hanno l’onere di comunicare al paziente lo stato reale in cui versa, assicurandosi che abbia ben compreso qual è realmente la sua condizione. È necessario che il paziente, lucido e capace, sappia, che ha la possibilità di SCEGLIERE quella che ritiene possa essere la soluzione più opportuna per la propria persona, tenendo conto di quelle che sono le valutazioni dei medici.
Ma, è ovvio che la verità fa male, quando arriva dritta e violenta, come un pugno in faccia. Perché quello è: un dato di fatto. Nessun soggetto maggiorenne può essere obbligato a scegliere un trattamento contro la propria volontà. Da qui nasce la necessità di chiamare in causa la VERITA’, che diventa garante della LIBERTA’ INDIVIDUALE. È stato difficile per me ACCETTARE la prima grande VERITA’ di questo lungo viaggio, la mia diagnosi, ma ancor più difficile è stato comunicare agli altri questa verità. Ci ho pensato tanto, ma non ho trovato parole che avrebbero potuto essere considerate più adatte di altre a lenire e addolcire il PESO di questa rivelazione.
Mentre rientravo a casa una domanda mi martellava in testa: quale poteva essere la frase più semplice, immediata e indolore che avrei potuto dire a mia madre per comunicargli che sua figlia aveva il cancro? E a mia figlia? La VERITA’, a volte, colpisce come la lama affilata di un coltello. Ma quello è: UNA REALTA’. Non usai un grandissimo tatto, grandi preamboli con nessuno in particolare, tanto capii subito che, in qualunque modo l’avessi infarcita, non sarebbe cambiato niente. Un cancro era, un cancro rimaneva. E poi le parole mi uscivano strozzate di bocca, per cui optai per una comunicazione sintetica ed essenziale, in stile telegramma. Poche e chiare parole avrebbero reso il tutto molto più semplice, immediato e indolore per tutti. Ricordo ancora il giorno in cui lo dissi la prima volta a un’amica: eravamo al parco, con le bambine. Ridevamo, come sempre. Mi girai, tranquilla, e gli dissi semplicemente "Devo dirti una cosa. Sono malata, ho un tumore". Lo dissi tutto d’un fiato, veloce veloce, e allo stesso tempo lenta lenta.
L’espressione del suo viso cambiò in una frazione di secondo: rimase immobile, come ghiacciata. In quei trenta secondi i suoi occhi si svuotarono, e la sua bocca parve incapace di emettere alcun suono. Sono troppo pochi 30 secondi per metabolizzare un’informazione del genere, e trovare una risposta adatta alla circostanza. I suoi occhi si fecero tristi e disse semplicemente "Oh, Dani! No!". Non ci furono scene drammatiche, frasi inappropriate, mi disse semplicemente che se avessi avuto bisogno per la bambina lei c’era, potevo lasciarla da loro in qualunque momento avessi avuto necessità. Quella disponibilità, in quel momento, mi fece piacere: dovevo ancora capire se dirlo e come dirlo a mia figlia, a quella bambina di soli 10 ANNI, che correva felice davanti ai miei occhi, e chi di lì a poco avrebbe visto la sua vita stravolgersi completamente. Dovevo scegliere accuratamente modi, parole e tempi per comunicarglielo, mentre nella mia testa stavo ancora cercando di accettarlo io. Durante i primi accertamenti, quando ancora non c’era certezza assoluta della diagnosi le dicemmo semplicemente che si trattava di un’infezione, ma…i bambini sentono, percepiscono, sanno dentro di loro quando sta per arrivare una tempesta, e io lo vedevo che era irrequieta, taciturna, che il suo sguardo non era limpido e pieno di leggerezza, come lo era sempre stato fino ad allora.
Il giorno che ritirai la biopsia ed ebbi conferma della malignità del tumore, quando rientrai, appena arrivai, si ritirò nell’altra stanza, e quando le andai vicino mi disse con fare deciso che lei voleva la VERITA’. La verità sempre lei, gelida e puntuale a bussare alla nostra porta. Non potevo, e soprattutto NON VOLEVO MENTIRLE. A che sarebbe servito poi?? Di lì a poco tempo avrei perso i capelli, e avrebbe comunque capito. Voleva la verità? Avevo il dovere di dirgliela. Usai parole semplici, e il più possibile delicate: ovviamente pianse, ma quelle lacrime furono anche di LIBERAZIONE, perché dentro di sé già sapeva, e soprattutto LO LEGGEVA NEI MIEI OCCHI. Chi chiede e decide di confrontarsi con la verità si assume una grande responsabilità: l’onere di accogliere tutto ciò che verrà in seguito, perché una volta aperta, quella porta, la porta della verità, non si chiuderà più. È una via che segue un'unica direzione. Una volta che sai, non puoi più nasconderti di fronte all’evidenza. Dovrai assumerti l’onere di affrontare una realtà che potrebbe fare a pezzi il tuo cuore, ma imparerai ad affrontare il dolore, perché il fatto di SAPERE ti permette, con il tempo, di ACCETTARE. Non c’è alleato più fedele del TEMPO per aiutarci ad accettare, o a provare a dare un senso agli eventi, anche quelli più dolorosi.E, la verità si è presentata puntuale anche quando, persi i capelli, e indossato il turbante notavo le persone fissarmi per strada, da metri di distanza fino a che passandomi accanto, e senza alcun tipo di discrezione cercavano di capire chi fossi, e soprattutto perché indossassi un turbante dal fazzoletto colorato. Spesso accade che le persone vogliano sapere anche ciò che, per buona educazione e discrezione, dovrebbero comprendere, invece, non è affar loro. Io non mi sono mai vergognata della mia malattia, non mi offendevano né mortificavano i loro sguardi. Mi lasciavano perplessa, perché non comprendevo tutta questa curiosità e vociferare intorno a un semplice fazzoletto sulla testa. Per porre fine a questo comportamento decisi allora di pubblicare sul mio profilo Facebook la mia foto con il fazzoletto e di scrivere che SI, lo indossavo perché avevo un TUMORE. Questo avrebbe soddisfatto la curiosità di coloro che bisbigliavano al mio passaggio, puntandomi gli occhi addosso neanche fossi diventata, tutto ad un tratto, fluorescente e lampeggiante come una lampadina al LED.
Personalmente non mi sono mai preoccupata di cosa potesse dire la gente: ho sempre pensato, invece, che ogni persona affronta la malattia a modo suo, l’importante è che si SENTA LIBERA di mostrarsi o non mostrarsi, nel modo che ritiene più vicino al proprio sentire. E così, come ci sono persone che non hanno alcun problema a mostrarsi, allo stesso modo ce ne sono altre, defilate e discrete che preferiscono nessuno sappia, e che si sentono ferite dall’invadenza e dalla poca discrezione di alcuni. Le persone vanno rispettate per ciò che sono, non vanno forzate né in un senso né in un altro, non sono obbligate a condividere la loro VERITA’ con gli altri. È proprio così: quando t’ammali la verità fa da padrona, e si propone e ripropone più volte, e in diversi contesti e circostanze.Però, con il TEMPO ho compreso che quella VERITA’ che è la realtà dei fatti, diventa sempre più opinabile, perché se da una parte in nome della verità, non riesco a guardare negli occhi mia figlia e a dirle "SI, IO GUARIRO’!" perché non posso prometterle ciò che non sono certa di poter mantenere, dall’altra sento di poterle puntarle gli occhi addosso fiera, e dirle che io sto cercando di fare e farò tutto quanto in mio potere per poterci riuscire, per poter guarire. Questa è la MIA VERITA’, ed è una verità anche il fatto che nessuno può escludere che io possa trovare la via. La verità non può in alcun modo spegnere la speranza, deve essere diretta, onesta, sincera, ma mai, proprio mai LIMITANTE, perché la VERITA’ nasce sempre per ILLUMINARE la via, non per SPEGNERE i SOGNI.