E noi qui, sospesi tra Terra e Cielo

E noi qui, sospesi tra Terra e Cielo

  • di Redazione
  • 7 Giugno 2022
  • Amor vincit omnia

L'amica Daniela Zedda si racconta con delicata sincerità  regalandoci una storia da leggere tutto d'un fiato 

DISCLAIMER: "…un giorno moriremo anche noi, Snoopy" … "Certo, Charlie! MA TUTTI GLI ALTRI GIORNI NO!" 

Dal momento in cui, ACCETTATA LA MALATTIA, decidi di tornare a VIVERE, tutto il tempo a te destinato si trasforma in tempo di qualità, da onorare, e al quale attribuire il valore che merita, in una prospettiva più realistica e consapevole, di presa di coscienza dello stato reale ed oggettivo delle circostanze. Questo perché, ti rendi pienamente conto del fatto che, quel tempo vissuto diversamente, senza quell’intensità e quella presa di coscienza, sarebbe semplicemente TEMPO SPRECATO.  

È un po' come se ti avessero fatto un dono prezioso, ed è come se quel dono l’avessero fatto proprio a te, e t’avessero prontamente raccomandato "Bada bene, è un dono non concesso a tutti. Fanne buon uso!", e a quel punto ti rendi conto che hai il dovere e la responsabilità di farne qualcosa di significativo, seppur nella sua semplice, e allo stesso tempo straordinaria, normalità. Sono passati poco più di due anni da quando il Covid 2019 ha fatto ingresso nelle nostre vite, stravolgendole e destabilizzandole. Durante il lockdown del 2020 la massa cresceva dentro di me, subdola e silente. Era già presente, ma venimmo a saperlo solo in seguito, il chiaro ed evidente segno della sua presenza: era quell’eczema sul capezzolo, che non mi dava particolarmente fastidio, non era dolente, ma era sicuramente atipico. Una piccola chiazzetta scura, leggermente pruriginosa, che troneggiava spavalda, e che mi mise subito in allarme, a tal punto da convincermi a rivolgermi prontamente a un medico specialista, che però mi rassicurò e tranquillizzò, dopo una visita e una successiva ecografia, dicendomi che non si trattava d’altro che di una semplice screpolatura, da trattare con una comunissima crema idratante da banco. Niente di preoccupante, niente di allarmante così mi era stato detto, con il tempo sarebbe sparito e… io MI SONO FIDATA. Non avevo motivo per non credere a quanto mi era stato detto, nulla faceva presagire ciò che sarebbe accaduto in seguito. SAPER RIPORRE FIDUCIA NEGLI ALTRI È IMPORTANTE. Se non ci fidassimo di coloro ai quali ogni giorno affidiamo le nostre vite, i nostri figli, i nostri soldi, come potremo vivere sereni? Nella maggior parte dei casi affidarsi è la cosa migliore in assoluto, ma…in questo caso, purtroppo le cose non sono andate come previsto. 

Mi sono fidata e affidata, e ho commesso un errore. Ho commesso un grave ERRORE DI VALUTAZIONE imboccando la strada sbagliata a uno dei bivi più importanti della mia vita, anzi, forse in prossimità del bivio più importante della mia vita. Non era una semplice screpolatura, un eczema ma era il primo e chiaro sintomo di quello che si sarebbe rivelato poi un tumore molto aggressivo, partito dal capezzolo, e che ha mostrato, nel giro di pochissimo tempo, senza remora alcuna, quanto effettivamente potesse esserlo. Sono bastati poco più di 6 mesi per passare dall’essere un tumore non rilevabile da un semplice ecografo, ad essere un tumore metastatico al IV stadio. Continuavo a pensare che no, non poteva essere vero. Mi pareva tutta una grande Candid Camera, perché talvolta le cose che accadevano erano talmente assurde da farmi pensare che sì, magari era tutto solo un sogno. Di lì a poco mi sarei svegliata e pufff… avrei tirato un sospiro di sollievo, e tutto sarebbe tornato alla normalità. Ricordo ancora quando dovevo fare uno degli ultimi accertamenti, questi accertamenti che non finivano mai e non lasciavano spazio alla terapia. I giorni passavano, e non si decidevano a chiamarmi, e quando finalmente arrivò quella telefonata mi dissero con fredda noncuranza che non erano riusciti a contattarmi prima perché il mio numero di cellulare, sulla loro cartella, risultava avere una cifra in più, e quindi dava loro sempre spento. Rimasi di stucco e perplessa. Il numero sulla cartella era lo stesso con il quale mi avevano contattato per tutte le visite precedenti. Strana circostanza! Però in effetti, provato a digitare quel numero con una cifra in più una, due, tre volte, il dubbio sarebbe potuto venir loro, visto che i cellulari hanno tutti lo stesso numero di cifre. Feci a voce alta, quasi sovrappensiero questa considerazione, ma la donna all’altro capo del telefono, un po' infastidita, mi disse che avevano pensato che la persona che stavano cercando di rintracciare fosse andata al mare, lasciando il telefono spento per giorni e giorni…perché, disse, questo accadeva spesso. Rimasi di stucco. Mi pareva una giustificazione assurda e campata in aria: qualunque persona di buon senso che tiene alla propria salute, in una situazione come la mia, non avrebbe mai spento il telefono e lo disse, tra l’altro con una tale stizza che pareva quasi che la vita di un malato oncologico in attesa di diagnosi non potesse nel frattempo continuare a scorrere, come se dovesse rimanere lì in attesa vigile di quella chiamata, senza nient’altro fare. Forse erano semplicemente oberati di lavoro, stanchi. Erano appena stati investiti da un’ondata di diagnosi tardive, e la confusione e la difficoltà di gestire il tutto, in alcuni momenti, regnava sovrana. Ma, veniva in questo modo meno, per l’ennesima volta l’attenzione per l’aspetto umano, il tatto e la delicatezza necessari a comunicare con quello che, in quel momento non è un numero o un paziente, ma una persona che ha visto la sua vita frantumarsi in mille pezzi, e che si ritrovava nel medesimo occhio del ciclone in cui si ritrovavano loro, in quel momento, ma non dalla parte di chi presta soccorso, ma di chi necessita d’assistenza e CURA.  

Il tempo passava, e io continuavo a ripetermi "Adesso mi sveglio, adesso mi sveglio!"…e invece niente. ERO GIÀ SVEGLIA, e quello era solo l’inizio di quel lungo viaggio che mi avrebbe condotto fino qui, oggi. 

A volte mi chiedo come sarebbe andata la mia vita se all’inizio del 2020 quell’eczema sul capezzolo, sintomo purtroppo trascurato ma già evidente del tumore, avesse messo in allarme il medico portandolo a prescrivermi una mammografia urgente che avrebbe molto probabilmente permesso di identificare lo scomodo e silente inquilino quando ancora non aveva posto radici ovunque… 

Chissà…si sarebbe aperto un altro scenario possibile, proprio come nel film "Sliding doors", dove vengono proposti i due scenari possibili della vita della protagonista: uno quando riesce ad attraversare le porte scorrevoli della metropolitana che stava andando a prendere, e l’altro conseguente alle stesse porte che invece si chiudono, lasciandola a terra. Da quell’accadimento del tutto casuale, si aprono due potenziali scenari di vita completamente differenti e a due prospettive completamente opposte. Una diagnosi precoce avrebbe potuto aprirmi le porte di quella che oggi viene chiamata a tutti gli effetti GUARIGIONE per un paziente oncologico. Per quanto non faccia parte della mia realtà, e non mi riguardi personalmente, a me piace molto l’idea che oggi, GRAZIE A UNA DIAGNOSI PRECOCE si possa parlare di GUARIGIONE di fronte a quello che è sempre stato considerato il male incurabile del secolo. Mi piace guardare al cancro come a un nemico che oggi, grazie ai progressi della scienza e della ricerca, si può tranquillamente battere QUALORA CI SI MUOVA CON LA GIUSTA TEMPESTIVITÀ, a un nemico che fa molta meno paura del passato, che può essere sconfitto, qualora si verifichino i giusti presupposti.  

Così è la nostra vita: un susseguirsi di scelte ma anche di accadimenti talvolta banali e del tutto imprevedibili che tracciano il nostro percorso, e che possono dar vita a scenari di vario genere dirigendola, e dando alla stessa una chiara e precisa direzione. Siamo chiamati a scegliere 10, 100, 1000 volte, ma, per quanto assennati, prudenti, ragionevoli possiamo dimostrare di essere, talvolta capita di prendere la direzione sbagliata, e a poco serve stare a recriminare e colpevolizzarsi, o a colpevolizzare. 

CI SONO COSE CHE SI POSSONO CONTROLLARE, CAMBIARE, ALTRE INVECE NO, E CHE SI DEVONO AFFRONTARE, E SEMPLICEMENTE ACCETTARE PER POTER ESSERE TRASFORMATE IN QUALCOSA DI NUOVO. 

Non è semplice accettare un ruzzolone tanto devastante, ma se andiamo a vedere bene, sono poche le vite prive d’ostacoli. Ognuno di noi, chi prima, chi dopo, chi in maniera più evidente, chi meno, si trova a dover affrontare difficoltà che, soprattutto all’inizio, sembrano insormontabili realtà, ma che poi prendono una PIEGA NUOVA E INASPETTATA.   

Così accadde anche alla mia famiglia, nel lontano nel 1976, quando mio babbo a lavoro, su un ponteggio, cadde dall’altezza di 3 metri, di spalle, battendo violentemente e rovinosamente a terra la testa e la schiena. La situazione si rivelò già da subito preoccupante. Portato d’urgenza all’ospedale a Cagliari, si resero immediatamente conto che aveva subito la frattura e lo schiacciamento di diverse vertebre. C’era mancato veramente poco, ed era stato a detta dei medici anche "fortunato": se si fosse lesionato la vertebra successiva, non ci sarebbe stato più niente da fare. Avrebbe perso la vita. Il danno era comunque importante, ma risolvibile: rimase ingessato e completamente coricato a letto, per sei mesi. Da quell’incidente sul lavoro ne uscì invalido: uno dei tendini del braccio destro rimase teso, limitandone i movimenti e limitando la sua capacità di poter rendere, lavorativamente, quanto in passato. Le cose ACCADONO, e, talvolta in una frazione di secondo tutto può cambiare. Era sempre stato un uomo forte e orgoglioso, dedito al lavoro e alla famiglia. Fu difficile per lui adattarsi all’idea di dover convivere con la sua nuova realtà, e con i limiti imposti da quella sua fisicità nuova e differente. Non poteva tornare indietro e cancellare ciò che era accaduto. Doveva adattarsi ed abbracciare quella sua nuova realtà. Provò anche a tornare a lavorare in Germania, ma il rendimento non era più lo stesso. Seguirono 5 anni in cui non riuscì a trovare un lavoro. Furono anni difficili. Aveva una moglie e 4 bambini piccoli, da crescere e da mantenere. Andarono avanti come poterono, con dignità e onestà. Ma…se la vita talvolta è rigida e severa e prende senza chiedere, altre volte, ti sorprende restituendoti altrettanto inaspettatamente il maltolto. E la sua, aveva in serbo per lui, qualcosa di nuovo e di diverso. E quel qualcosa di diverso giunse quando, nei primi anni 80 aprirono l’ospedale di Isili: venne assunto come ausiliario ospedaliero, in qualità di invalido. Aveva un lavoro nuovo, differente. Un lavoro che imparò ad amare, e a fare con la stessa serietà e dedizione con cui faceva il precedente, un lavoro nel suo stesso paese, un lavoro che lo accompagnò fino alla pensione. Dignitoso, onesto e da lì la sua vita ricominciò a scorrere, permettendogli di raggiungere una stabilità lavorativa che gli permise di crescere e mantenere la sua famiglia. 

CI SONO COSE CHE SI POSSONO CONTROLLARE, CAMBIARE, ALTRE INVECE NO, E CHE SI DEVONO AFFRONTARE, E SEMPLICEMENTE ACCETTARE PER POTER ESSERE TRASFORMATE IN QUALCOSA DI NUOVO 

L’uomo ha insito in sé questo continuo desiderio di voler controllare ogni cosa. Vorrebbe poter prevedere con certezza anche l’inaspettato, ma l’esistenza umana implica in quanto tale, per sua natura, un margine di IMPREVEDIBILITÀ. Non siamo in grado di controllare tutto, a volte ci sono cose che semplicemente ACCADONO. Potevano essere evitate? Previste? A volte sì, a volte no. Avrei potuto prevedere che il medico avrebbe sbagliato la diagnosi, e che di lì a pochi mesi sarebbe successo tutto ciò che è accaduto? Non lo so, ma neanche me lo chiedo più. 

Un giorno, a Burcei, sono passata casualmente davanti a un murales, frutto probabilmente di street art: erano rappresentati Charlie Brown e Snoopy sulla banchina di un molo. Charlie con sguardo smarrito dice a Snoopy "...un giorno moriremo anche noi, Snoopy" e con sguardo sereno Snoopy gli risponde, "Certo Charlie, MA TUTTI GLI ALTRI GIORNI NO!" 

E’ vero, un giorno moriremo, è nella nostra natura, ma come dice Snoopy, TUTTI GLI ALTRI GIORNI NO, ed È A QUEI GIORNI CHE NON DOBBIAMO SMETTERE MAI DI GUARDARE, perché sono quelli che all’improvviso, e senza una ragione precisa potrebbero sorprenderci regalandoci NUOVE OPPORTUNITÀ E NUOVI SOGNI da realizzare.