Arriverà!
- di Redazione
- 6 Settembre 2022
- Amor vincit omnia
L'amica Daniela Zedda racconta come è facile a volte vedere il bicchiere mezzo pieno e gioire della vita e quello che capita.
DISCLAIMER: Perché, comunque vada, ogni nuova alba è preludio di un giorno nuovo, e poiché niente è dato sapere in anticipo, bisogna solo provare a …VIVERE!!
Questa malattia, ormai, è diventata una costante del mio percorso di vita: è arrivata, puntuale, nel momento in cui doveva arrivare, e porterà con sé tutto quanto previsto e stabilito. Avrei potuto evitarla, dribblarla, scansarla?? AVREI POTUTO FARE QUALCOSA PER CAMBIARE IL CORSO DEGLI EVENTI?? Sì, no, forse…E chi può dirlo??? Non è facile rispondere a questa domanda, perché se da una parte, fatalisticamente, talvolta ci viene da pensare che accade ciò che era destinato dovesse accadere, dall’altra cerchiamo disperatamente una potenziale soluzione, e passiamo ore e ore, giorni e giorni a rimuginare sul perché e sul per come tutto questo sia accaduto proprio a noi, e se in qualche modo avessimo potuto evitarlo. TEMPO PERSO. Possiamo individuare alcuni aspetti della nostra vita da correggere o migliorare, come quelli relativi allo stile alimentare, al movimento fisico, allo stress, ma, per il resto, si riparte dal punto esatto in cui la malattia ha provato a piegarci, a spezzarci. Quello è IL NOSTRO NUOVO INIZIO, il nostro NUOVO PUNTO DI PARTENZA DA CUI SIAMO CHIAMATI A RICOSTRUIRE METTENDO INSIEME FORZE, ENERGIE E UNA DOSE SEMPRE MAGGIORE DI SPERANZA E FIDUCIA NEL FUTURO.
E così in questi due anni, la mia malattia, come penso quella di tutti coloro che ottengono una diagnosi di cronicizzazione, ha subito, in alcuni momenti, delle battute d’arresto, in cui è rimasta immobile, muta e soggiogata dai farmaci, e in cui non poteva nuocere ulteriormente, rispetto a ciò che aveva già danneggiato, e in altri, invece, con un improvviso colpo di coda, si è risvegliata, provando a prendere il sopravvento, diventando resistente ai farmaci, spostandosi da una parte all’altra del mio corpo, e allora lì, è stato necessario STUDIARE NUOVE STRATEGIE, sempre che esistano nuove o altre strategie: delle ALTERNATIVE TERAPEUTICHE CHE POSSANO RAPPRESENTARE L’ENNESIMA VIA D’USCITA, seppur temporanea, per una situazione complessa. LA MIA SPERANZA E CHE NE ESISTANO SEMPRE DI NUOVE DI STRATEGIE, AD OLTRANZA. E questo è il motivo per cui, questi, sono stati due anni altalenanti, fatti di successi e di sconfitte, di speranze e delusioni.
TRA I MOMENTI PIÙ DIFFICILI DA SUPERARE CI SONO SICURAMENTE QUELLI DELL’ATTESA: quei lunghi, e apparentemente interminabili giorni che separano te, dall’esito di quei famigerati referti periodici, che sanciscono il decorso della tua malattia, e l’eventuale rivalutazione del tuo piano terapeutico. L’attesa può durare anche giorni e giorni, settimane. Sono i giorni più critici, di massima tensione, poi, arriva il verdetto, la sentenza, e che sia in un senso o in un altro, TI ADATTI, d’altronde non è che puoi fare diversamente! QUALUNQUE SIA L’ESITO, SEPPUR NON DOVESSE MOSTRARSI INCORAGGIANTE, DOPO UN PRIMO MOMENTO DESTABILIZZANTE, TU RITROVI DENTRO DI TE QUELL’ENERGIA, QUELL’INIEZIONE DI FIDUCIA CHE TI PERMETTE, IN OGNI CASO DI ANDARE AVANTI. E QUESTA VITA COSÌ FACENDO TI INSEGNA CHE NON SEMPRE SI PUÒ VIVERE DI CERTEZZE, MA, FORSE DI SPERANZE SI'. Lucide speranze. Fiducia ferma nella medicina, nella scienza, ai medici ai quali ti sei affidata. D’altronde la stessa è frutto di sacrificio, di studi, di tentativi andati a vuoto, di fallimenti che sono stati il punto di partenza di nuove realtà, nuovi traguardi, nuovi successi. I PIÙ GRANDI SUCCESSI IN AMBITO MEDICO SONO STATI FRUTTO DI TENTATIVI RIPETUTI, CHE ALLA FINE HANNO DATO L’ESITO SPERATO. E così ti approcci alla NUOVA STRATEGIA TERAPEUTICA SPERANDO CHE QUELLA CURA FUNZIONI. Che il tuo corpo reagisca positivamente ad essa, perché anche lui deve fare la sua parte. Quindi, l’approccio allo stato attuale, è e rimane questo, a prescindere dal fatto che da due anni io senta, purtroppo, "Mi dispiace". I medici a volte esprimono la loro partecipazione con un mi dispiace, e io vedo nei loro occhi quella strana tristezza … loro sperano sempre di poter dare una notizia confortante, sperano di poter quantomeno ragionare insieme per poter rassicurare ma, è chiaro che non tutto dipende da loro.
SONO TROPPE LE VARIABILI CHE INTERCORRONO TRA NOI E LA GUARIGIONE. Ma, io, imperterrita, ancor oggi, e nonostante tutto, SOGNO ANCORA e sono ancora in attesa di quel piacevolissimo giorno in cui mi siederò su quella benedetta sedia, con la schiena dritta, il cuore in gola e il fiato sospeso, pronta a ricevere quella bella notizia che attendo da quello che per me appare tempo immemore, ormai. Quella bella notizia che non è ancora arrivata, e CHE DOVREBBE SANCIRE LA REGRESSIONE DI QUESTA BENEDETTA MALATTIA. SENZA SE, E SENZA MA. Perché qualche vittoria contro lo scortese inquilino l’ho ottenuta, però poi spuntava il "…ma". "Ma… si è spostato da un'altra parte". E l’entusiasmo per la regressione scemava nell’immediato. Mi pare un po' come quando da bambina si bucava la ruota della bicicletta, e con una pezzetta, dopo aver immerso la camera d’aria nell’acqua e aver identificato il buchino, ponevo rimedio, e rinforcata la bici, dopo qualche metro sentivo già la gomma sgonfia, perché, ahimè, ce n’era un altro di buchino da rattoppare. Ecco! IO E IL MIO TUMORE ABBIAMO, ALLO STATO ATTUALE, LO STESSO RAPPORTO CHE AVEVO CON LA CAMERA D’ARIA AL TEMPO. METTI UNA PEZZETTA QUA, SBUCA UN ALTRO BUCHINO DI LÀ. Eppure, attendo ancora, il giorno in cui mi diranno che questo benedetto tumore è andato in regressione, senza se, e senza ma…E QUEL GIORNO ARRIVERÀ. E allora, mi luccicheranno gli occhi di gioia e incredulità. Di stupore, poiché notizia inattesa, e non saprò che dire. E non saprò che dire perché sarò talmente incredula dal non sapere se ridere, o piangere. In entrambi i casi di gioia, ovviamente. Si! Io ci spero ancora che arriverà quel giorno. TESTA TRA LE NUVOLE, E PIEDI BEN PIANTATI IN TERRA. RIMANE SEMPRE QUESTO IL MIO MOTTO. Perché, si… me lo ricordo ancora il giorno in cui andai a colloquio con il chirurgo dello IEO di Milano. Dopo un discorso molto chiaro, schietto e sincero, nel quale lui mi spiegò con esempi semplici, quella che era la mia reale situazione e cosa poteva realisticamente fare la scienza, allo stato attuale delle sue conoscenze, io gli feci un’unica domanda "Se però, grazie alla terapia, le lesioni metastatiche dovessero andare in regressione e sparire completamente, lei allora potrebbe operarmi??". Lui mi rispose che sarebbero dovute sparire tutte completamente, e il tumore originario si sarebbe dovuto ridurre a tal punto da non costituire pericolo nel rimuoverlo, il che a lui appariva un obiettivo particolarmente ambizioso, se non addirittura irrealistico… magari, ci ha girato un po' intorno, perché non voleva dirmi direttamente che era praticamente impossibile che questa ipotesi si sarebbe potuta verificare, e questo, magari, semplicemente, per non urtare eccessivamente la mia sensibilità.
STA DI FATTO CHE CIÒ CHE MI DISSE MI FECE CAPIRE CHE QUELLA SAREBBE STATA INDUBBIAMENTE UNA BATTAGLIA PERPETUA, CONTINUA, CHE NON AVREBBE AVUTO NÉ VINTI NÉ VINCITORI, MA SEMPLICEMENTE CONTENDENTI I TERRITORI. NON MI STAVA DICENDO CHE DOVEVO BATTERMI PER LA MIA VITA, MA PER IL MIO TEMPO. Quanto sarebbe stato o avrebbe potuto essere, dipendeva anche da me, dal mio corpo, dalla sua capacità di reagire. E così accade che, qualche volta vinco io e qualche volta vince lui, e l’unica cosa che posso fare è sperare e pregare affinché io possa vincere più battaglie possibili per conquistare terreno, ed essere felice di questo. IN QUESTO BRACCIO DI FERRO TRA ME E LUI, PER ORA STA VINCENDO LUI…O FORSE, LA STESSA COSA, POTREBBE ESSERE VISTA NELLA PROSPETTIVA OPPOSTA. STO VINCENDO IO. SONO PASSATI GIÀ DUE ANNI. AVREI POTUTO ESSERMENE ANDATA GIÀ TANTO TEMPO FA, E INVECE SONO ANCORA QUA. LA VITA È QUASI SEMPRE UNA QUESTIONE DI PROSPETTIVE, DI PUNTI DI VISTA, DI SAPER GUARDARE IL BICCHIERE PENSANDO CHE SIA MEZZO PIENO, PIUTTOSTO CHE MEZZO VUOTO. Il cambiamento è la costante della nostra vita intera, e l’uomo passa gran parte della sua esistenza ad adattarsi allo stesso, dalle più piccole cose, alle situazioni più complesse. E, ho pensato proprio la stessa cosa, seppur con un sorriso in volto, qualche giorno fa, quando, camminando, all’alba in piena campagna, a un tratto ho deciso di intraprendere un nuovo percorso: di fronte a me si stagliava un piccolo sentiero, che portava all’interno d’una fitta vegetazione. Ho deciso, senza pensarci su troppo a lungo, di percorrerlo. Per un attimo, ma solo per un attimo, mi ha attraversato veloce un pensiero "Riuscirò a ritrovare la strada per tornare indietro??" pensiero che ha attraversato la mia mente solo per una frazione di un secondo, proprio perché completamente rapita dalla bellezza di quel luogo, immerso nel verde, nel silenzio, e nella pace più assoluta. I raggi del sole filtravano diretti dalle fronde degli alberi disegnando strane geometrie, e così assorta in tutti i miei pensieri ho percorso non so quanta strada, e quando, a un tratto mi sono voltata per tornare indietro…non c’era più il sentiero! L’avevo abbandonato da tempo, sovrappensiero.
Dovevo ritrovarlo per ritornare da dove ero arrivata. Ho cominciato a camminare, ma del sentiero più nessuna traccia. Avevo, però chiara una cosa: dovevo muovermi verso l’alto, perché era da lì che ero venuta, e lì c’era la strada. Sicura di me, e decisa, ho cominciato a risalire la china, e all’orizzonte ho cominciato a scorgere la strada. Percorsi i pochi metri che mi separavano da essa, e giunta a destinazione…il gelo. Ero arrivata alla strada, si…peccato fossi separata dalla stessa da una rete di filo spinato. In quel punto non prendeva neppure il cellulare, ero praticamente isolata. L’unica soluzione era quella di saltare oltre la rete, e allora, lesta, senza pensarci due volte, ho lanciato lo zainetto dall’altra parte della rete, ma dopo pochi attimi mi è stato subito chiaro che scavalcarla era praticamente impossibile, almeno dalla posizione in cui mi trovavo io. Rischiavo di tagliarmi con il filo spinato arrugginito. Adesso avevo un doppio problema. Non potevo spostarmi da lì perché avevo lanciato lo zainetto con tutti i miei effetti dall’altra parte, ma saltare la rete era impossibile. Ho cominciato, quindi, a pensare a come potessi ovviare a questa situazione, e ho notato che nella parte bassa della rete c’era un piccolo, stretto rettangolo dal quale avrei potuto infilarmi per scivolare giù, ma andava allargato. Dovevo riuscire a passarci dentro senza graffiarmi con le punte del filo spinato, che tra l’altro, erano anche arrugginite. Mi mancava solo l’antitetanica da aggiungere al lungo elenco di farmaci che circolano nel mio corpo. Era una situazione surreale, al limite del ridicolo. No, no, dovevo arrangiarmi e fare pure in fretta, prima che qualcuno s’accorgesse della mia assenza. Dovevo allargare un po' quella fessura, così ho preso una pietra appuntita e ho cominciato a cercare di spezzare gli altri estremi arrugginiti del filo della rete. Lima, lima, lima alla fine sono riuscita nell’intento. L’apertura era leggermente più ampia, mi sono messa di spalle ho infilato una gamba, poi l’altra…ma non riuscivo a farla scendere, lo spazio era limitatissimo. Ho dovuto fare un piegamento da contorsionista e poi giù, finalmente la strada. Devo ammetterlo: sono stata molto orgogliosa di me. Ero appena evasa, e dei 50 minuti destinati alla mia camminata, 30 li ho dedicati alla mia fuga da Alcatraz, versione percorso di sopravvivenza. NON NEGO CHE HO RISO MOLTO DI ME STESSA QUEL GIORNO, E DI QUESTA MIA ROCAMBOLESCA AVVENTURA, E NON NEGO CHE QUESTO MI HA FATTO VERAMENTE BENE. Ridere fa bene al cuore. Ecco, la vita è proprio così. PUÒ SUCCEDERE QUALUNQUE COSA, E A VOLTE L’UNICA SCELTA CHE HAI È QUELLA DI ADATTARTI, DI PROVARE A PASSARE ANCHE DA UNA PICCOLA FESSURA, CERCANDO DI NON SMARRIRE MAI LA SPERANZA, E CERCANDO DI ILLUMINARE LA STRADA CON UN SEMPLICE SORRISO.