La mia scelta
- di Redazione
- 2 Marzo 2020
- Alla scoperta dell'altra me
Arriva il secondo appuntamento, ricco di emozioni, con la rubrica "Alla scoperta dell’altra me" curata dall’amica Annalisa Sitzia
Ho scelto di vivere. Nello stesso attimo in cui mi veniva diagnosticato il cancro al seno, nel momento in cui mi è stato detto che diversi linfonodi erano già coinvolti, nei maledettissimi minuti in cui mi veniva spiegato che questo tipo di tumore non avrebbe reagito a nessuna cura ormonale. Io ho scelto di vivere… o almeno di provarci con tutte le mie forze. Dopo la diagnosi, improvvisamente, mi sono sentita circondata da una miriade di persone e ognuna di loro viveva la mia tragedia (ma lungi rivendicarla come tale) a modo suo. La serietà del medico, l’incredulità di mio marito, il dolore dei miei figli, l’angoscia dei miei genitori … e ovunque mi girassi continuavo a leggere nelle facce stravolte emozioni che riflettevano la gravità della situazione. Che stress! Non avrei mai potuto reggere quella responsabilità; mi si stava rovesciando addosso un peso tremendo e dovevo reagire immediatamente. La situazione era già bella complicata ed io, che già risentivo di un periodo lavorativo particolarmente pesante, avevo bisogno di riordinare le idee e di capire come organizzare il futuro prossimo, dando la priorità assoluta alle cure per salvarmi la pelle. Seduta a tavolino ho comunicato alla mia famiglia in che modo avrei voluto condurre questa inaspettata battaglia con il mostriciattolo. L’avremo affrontato insieme, a patto che a sostenermi ci fossero persone cariche di positività da cui attingere tutta l’energia necessaria per combattere il nemico. Ero consapevole che in quel momento la mia richiesta fosse quasi folle; stavo chiedendo davvero tanto, ma non vedevo altra via di uscita: pensavo che se ci fossimo fatti prendere dalla disperazione io non sarei mai riuscita a mettercela tutta. Avevo fatto la mia scelta e la portai avanti eseguendo una cernita di chi doveva stare al mio fianco: niente tribù di musi lunghi e predicatori con l’ansia nello zaino. Nelle nuove priorità avevo messo la capacità di vivere ogni singolo attimo nel miglior modo possibile e quindi il mio primo scopo era quello di ricaricare le batterie ogni qualvolta avessi avuto un attimo di forza, per poi spenderla tutta nei momenti in cui le cure mi avrebbero fatto stramazzare al suolo. E così ho affrontato le terapie con un bel sorriso stampato in faccia e questa è stata la ricompensa per ognuna di quelle persone che mi amava e mi stava accanto. Il sentirmi tanto amata in quei momenti mi ha riempito di una forza immensa e mi ha permesso di affrontare il lungo periodo di cure con ottimismo e speranza; sinceramente penso che abbia influito parecchio nell’ottima risposta alla chemioterapia riscontrata poi dagli esiti degli ultimi esami strumentali. Questo è stato il mio modo di affrontare la malattia e dal suo esordio ad ora sono cambiate parecchie cose, ad esempio ora sono qua a raccontarvela … e sorrido.