

Tumori, meno metastasi per chi assume la cardioaspirina?
- di Redazione
- 11 Marzo 2025
- Italia ed estero
Secondo uno studio pubblicato su Nature gli effetti del farmaco potrebbero aiutare a ideare nuove strategie immunoterapiche
Chi assume la cardioaspirina potrebbe avere un rischio inferiore di ammalarsi di cancro. Così sembrerebbe affermare uno studio recentemente pubblicato su Nature.
I ricercatori dell’Università di Cambridge, nel Regno Unito e dell’Università di Chieti-Pescara "Gabriele D’Annunzio" , in Italia hanno infatti evidenziato che l’acido acetilsalicilico agisce su un meccanismo che "tiene sveglio" il sistema immunitario, rendendolo quindi potenzialmente più efficace nel riconoscere ed uccidere le cellule tumorali quando migrano per formare metastasi. La scoperta, scrivono gli autori, potrebbe aiutare a ideare nuove strategie immunoterapiche.
In questi anni, numerosi dati hanno fatto ipotizzare che l’aspirina possa ridurre l’incidenza delle metastasi del tumore al seno, dell’intestino e della prostata. Attualmente sono in corso degli studi clinici per validare tale supposizione.
Le cellule tumorali, spiegano inricercatori, sono particolarmente esposte agli attacchi del nostro organismo nel momento in cui si separano dal tumore primitivo per raggiungere altri organi, perché intorno a loro viene a mancare quel microambiente che normalmente le protegge proprio sopprimendo il sistema immunitario.
Come riportato su Oncoline di www.lareppubblica.it: "Studiando modelli animali, i ricercatori, hanno individuato 15 geni che potrebbero avere un ruolo nel facilitare il processo di formazione di metastasi. In particolare, hanno osservato che quando il gene ARHGEF1 è silenziato, i topi sviluppano meno metastasi ai polmoni e al fegato. Da qui hanno compreso che ARHGEF1 sopprime l’attività delle cellule T, componenti fondamentali del sistema immunitario. E poi è arrivata la rivelazione: il gene per ARHGEF1 si attiva in presenza di un composto chimico chiamato Trombossano A2 (TXA2), normalmente prodotto dalle piastrine: una sostanza ben nota e che viene ridotta dalla comune aspirina."
Jie Yang, primo autore dello studio, spiega: "È stato un momento ‘eureka’ quando abbiamo scoperto che TXA2 è il segnale molecolare che attiva l’effetto soppressivo sulle cellule T. Prima di allora, non eravamo a conoscenza delle implicazioni delle nostre scoperte nella comprensione dell'attività anti-metastatica dell'aspirina. È stata una scoperta del tutto inaspettata che ci ha portato su un percorso completamente diverso da quello che avevamo previsto". La prova del nove è stata eseguita su topi con melanoma: quelli trattati con aspirina hanno effettivamente mostrato una minore soppressione dell’attività delle cellule T e hanno sviluppato meno metastasi. "
"Lo studio è molto interessante e indica come l’aspirina sia in grado di togliere la benda davanti agli occhi delle cellule del sistema immunitario, rendendole capaci di riconoscere le cellule tumorali micrometastatiche", commenta a Oncoline Nicola Silvestris, segretario nazionale dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) e direttore dell’Unità operativa complessa di Oncologia medica all’Istituto Tumori Irccs Giovanni Paolo II di Bari.
"Nonostante i significativi progressi compiuti nella cura delle malattie oncologiche, prosegue Silvestris, molti pazienti sottoposti a trattamenti per neoplasie in stadio precoce possono sviluppare metastasi nei mesi o negli anni successivi, a causa della possibile proliferazione di micrometastasi presenti in circolo. Il sistema immunitario svolge un ruolo importante nel combattere queste micrometastasi, ma le cellule neoplastiche, pur in assenza di un microambiente immunosoppressivo, spesso sviluppano la capacità di eluderne il controllo. In questo studio gli autori hanno dimostrato, in differenti modelli murini, la capacità dell’aspirina di ridurre l’incidenza di metastasi attraverso l’inibizione di un enzima, chiamato cicloossigenasi 1, con conseguente riduzione della produzione del Trombossano A2 a livello delle sedi metastatiche. Diminuisce così la soppressione dell’attività dei linfociti T, che possono tornare a combattere le micrometastasi".
"Questi dati , conclude Silvestris , pur non avendo un impatto attuale nella pratica clinica, possono rappresentare il presupposto per lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche basate sul sinergismo tra aspirina e ulteriori trattamenti immunoterapici".