

Tumori, la radioterapia può avere effetti diversi tra uomo e donna
- di Redazione
- 5 Marzo 2025
- Italia ed estero
L’Associazione Italiana di Radioterapia ed Oncologia Clinica (Airo) ha recentemente dato vita a un gruppo ad hoc in quanto sembra ormai assodato che ci siano delle differenze di risposta alla radioterapia tra uomini e donne.
"Se per altre discipline mediche ci sono già molti dati in letteratura riguardo alle differenze tra uomini e donne, per la radioterapia siamo agli albori. Non abbiamo risposte, ma abbiamo cominciato a farci le domande, e comincia ad esserci qualche studio, per ora pre-clinico, che applica lo sguardo della medicina di sesso-genere alla radioterapia in oncologia", ha affermato Michela Buglione di Monale, professore ordinario all’Università di Brescia e medico radioterapista oncologo presso gli Spedali Civili, membro del gruppo di interesse Airo (insieme a Damiana Andrulli, Salvatrice Campoccia, Anna Maria Merlotti e Daniela Musio).In generale, ha spiegato Buglione di Monale, sappiamo che le radiazioni agiscono provocando un danno al Dna delle cellule, che però possiede dei meccanismi di riparazione. Tali meccanismi funzionano molto bene nelle cellule sane e molto male in quelle tumorali: una caratteristica biologica che è alla base dell’efficacia della radioterapia da una parte e della possibilità dei tessuti sani di rigenerarsi, dall’altra.
"Gli enzimi che aiutano le cellule sane a ripararsi sono la proteina P53 e la proteina Atm, che hanno anche un’azione oncosoppressiva e sembra esistere una differenza tra uomini e donne nella loro azione. D’altra parte, esistono differenze anche tra i diversi tessuti: non tutte le cellule hanno la stessa sensibilità alle radiazioni, così come non tutte le cellule hanno la stessa capacità di recuperare il danno, per cui non è possibile generalizzare. Dati preliminari che dovranno essere confermati - come quelli pubblicati in uno studio condotto su un gruppo di pazienti trattati con radioterapia per tumori del distretto testa collo - mostrano che le donne potrebbero essere lievemente svantaggiate. I motivi però sono tutti da approfondire", ha confermato l’esperta.
Uno studio condotto nel 2019 da ricercatori del Centro di Riferimento per la Medicina di Genere dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), dell’Università di Bologna e del Cnr ha mostrato una diversa risposta agli stress, legata a microRna presenti solo sul cromosoma X. Nello specifico, è stato osservato come uno stress, quale potrebbe essere la radioterapia, induca il suicidio programmato (apoptosi) nelle cellule maschili, mentre in quelle femminili inneschi meccanismi protettivi.Storicamente, gli studi sono stati sempre disegnati e condotti sul modello maschile. Nel tumore al seno, ovviamente, c’è il bias opposto: il 99% dei pazienti è donna. E si è osservato che, a parità di trattamento, nel complesso i pazienti maschi hanno una prognosi peggiore delle femmine: questo può dipendere da tantissimi fattori (anche culturali che possono portare gli uomini a segnalare con ritardo la presenza di un nodulo). Ma per quanto riguarda in modo specifico la radioterapia, sono emerse differenze?
"Da studi condotti su pazienti con un altro tumore, quello dell’esofago, sappiamo che può esserci una differenza nella tossicità per il cuore A parità di dose di radiazione, le donne sembrano presentare più frequentemente alterazioni cardiologiche. La tossicità cardiaca, inoltre, sembra insorgere a dosi più basse rispetto a quanto accade negli uomini. Invece nel glioblastoma - un tumore del cervello che è raro negli adulti - le donne mostrano prognosi lievemente migliore degli uomini. Ma, ripeto, gli studi specifici sono ancora veramente pochi e, al di là delle osservazioni retrospettive che si possono fare dall’analisi di studi condotti con obiettivi diversi, dobbiamo indagare quali siano i reali meccanismi molecolari, genetici ed epigenetici alla base di queste osservazioni", ha ribadito Buglione di Monale.
Le differenze nella radiosensibilità possono essere ancora più evidenti quando la radioterapia è associata ai trattamenti sistemici come la chemioterapia, l’immunoterapia o le terapie target. Di certo, c’è molta attenzione alla personalizzazione delle cure e, per quanto riguarda la radioterapia, verso la riduzione delle tossicità. L’approccio della medicina di sesso-genere potrebbe allora indicare nuove vie da percorrere per personalizzare i trattamenti e continuare a migliorare sia sul fronte degli effetti avversi sia sul fronte della prognosi. "Attualmente uomini e donne vengono trattati con le stesse dosi di radioterapia. La strada è ancora lunga, sebbene non lunghissima Ma saper vedere e riconoscere le differenze di genere è il primo passo per indagarle", conclude l’esperta.