Tumori al seno, l'allerta degli esperti americani: aumentano i casi prima dei 50 anni

Tumori al seno, l'allerta degli esperti americani: aumentano i casi prima dei 50 anni

  • di Redazione
  • 11 Dicembre 2024
  • Italia ed estero

Il nuovo report dell'American Cancer Society non lascia dubbi. I dati parlano di un trend in continua ascesa dei casi di cancro al seno negli Stati Uniti: una crescita dell'1% ogni anno dal 2012 al 2021 che riguarda soprattutto le donne più giovani, prima dei 50 anni. 

Dalle statistiche arrivano, però, anche buone notizie, a cominciare dal declino costante della mortalità che negli Usa è diminuita ben del 44% fra il 1989 e il 2022. Il che si traduce in 518mila decessi in meno nell'arco di tutti questi anni, "per merito soprattutto del progressi sul fronte delle terapie e della diffusione della diagnosi precoce, con la mammografia e l'autopalpazione, che consente di intercettare il tumore ai primi stadi quando è guaribile", ha sottolineato Karen Knudsen, a capo dell'American Cancer Society.

Alla stessa conclusione era giunto uno studio pubblicato a gennaio 2024 che aveva rilevato un aumento dei carcinomi mammari nella fascia d'età compresa tra i 20 e i 49 anni. Mentre altre ricerche hanno già registrato numeri crescenti negli under 50enni anche per quanto riguarda il cancro del colon retto. E non solo: più indagini dicono che i 40-60enni di oggi svilupperanno più neoplasie rispetto ai lorio genitori e nonni.

Nella nuova indagine i ricercatori dell'American Cancer Society, della Weill Cornell Medicine e dell'Harvard Medical School hanno analizzato i dati relativi a incidenza e mortalità del cancro al seno contenuti nei più ampi registri statunitensi (quelli del National Cancer Institute e degli  US Centers for Disease Control and Prevention) che partono dal 1975.
Ne sono emerse differenze in base alla razza, allo Stato di residenza e all'età: ad esempio fra le donne afroamericane continuano a essere più numerosi i decessi (superiori del 38% rispetto a quelle di razza caucasica), nonostante abbiano minori probabilità di sviluppare la neoplasia (inferiori del 5%).  In particolare, le ragazze 20-29enni afroamericane hanno il doppio delle probabilità di morire per cancro al seno rispetto alle loro coetanee bianche. Fra le donne asiatiche e delle Isole del Pacifico, invece, si registrano i tassi di mortalità più bassi, ma sono quelle in cui cresce più velocemente il numero di casi: ogni anno più 2,7% prima dei 50 anni e più 2,5% dopo (rispetto all'1% della media Usa).

"Probabilmente pesano sulla comunità afroamericana i ritardi nella diagnosi, la mancanza di prevenzione e le minori possibilità di terapie (che negli Stati Uniti sono a pagamento: solo chi può permettersi un'assicurazione viene curato). Mentre per la comunità asiatica potrebbero esserci spiegazioni genetiche: mutazioni del Dna più diffuse che le espongono a rischi maggiori", ha confermato Knudsen.

Le statistiche, aggiornate al 2023, per il nostro Paese dicono che una donna su otto si ammalerà di cancro al seno nel corso della vita, proprio come negli Stati Uniti. E anche da noi, purtroppo, il trend è in crescita. 

In Italia, in 10 anni, i casi di tumore della mammella sono aumentati del 16%: erano 48mila nel 2013 e sono stati 55.900 nel 2023. Si tratta della neoplasia più frequente non solo fra le donne, ma in tutta la popolazione (sebbene i casi nei maschi siano rari, è bene che anche gli uomini non sottovalutino possibili campanelli d'allarme).

"Dall’altro lato, fortunatamente, sono sempre più efficaci gli strumenti a disposizione dei clinici per affrontare la malattia e, oggi, oltre 834mila pazienti vivono dopo la diagnosi,  l’87% delle pazienti è vivo a 5 anni dalla diagnosi. È fondamentale scoprire la malattia agli esordi perché le probabilità di guarigione in caso di cancro al seno sono elevate: quando la diagnosi è precoce superano il 95%", ha ricordato Giuseppe Curigliano, direttore Divisione Sviluppo di nuovi farmaci per terapie innovative all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano e presidente eletto dell’European Society for Medical Oncology (Esmo).

Sul fronte delle buone notizie vanno ricordati sia la mortalità in calo, sia i molti avanzamenti che la ricerca scientifica ha fatto sul fronte delle cure. "Abbiamo chirurgia, radioterapia e moltissime terapie farmacologiche differenti, da attuare prima o dopo l’intervento chirurgico. Grazie all’integrazione ottimale di queste modalità terapeutiche, negli ultimi trent’anni si è assistito a un sensibile aumento della sopravvivenza. L’istituzione formale delle Breast Unit nel nostro Paese, a partire dal 2014, ha contribuito in maniera determinante al risultato. È fondamentale che tutte le donne siano consapevoli dell’importanza di essere curate, fin dal momento della diagnosi, all’interno dei Centri di Senologia e che si rivolgano a queste strutture", ha ribadito Saverio Cinieri, presidente di Fondazione  Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) e direttore dell’Oncologia Medica e Breast Unit dell’Ospedale Perrino di Brindisi.

Per migliorare i numeri in crescita esistono però delle soluzioni. "Primo, prevenire: sovrappeso e obesità, fumo, eccessivo consumo di alcolici, alimentazione scorretta, sedentarietà (chi fa attività fisica regolare ha molte meno probabilità di ammalarsi) sono fattori di rischio noti. Ognuno può limitare il pericolo di sviluppare questa neoplasia seguendo stili di vita sani e sottoponendosi ai controlli, che peraltro in Italia vengono offerti gratuitamente dal Sistema sanitario nazionale. È preziosa l’autopalpazione, una volta al mese e se si notano anomalie non bisogna perdere tempo. Poi c'è la mammografia, che viene offerta gratis ogni due anni alle donne tra i 50 e i 69 anni (alcune Regioni hanno già esteso i test alla fascia 45-74 anni). Per le più giovani può essere utile un’ecografia annuale dai 30 anni, ma ormai molti specialisti concordano sul fatto che tempistica dei controlli e tipologia di esame debba vadano elaborati su misura, tenendo conto dei vari fattori di rischio che ha ogni donna e della forma anatomica del suo seno", ha confermato Curigliano, membro del direttivo nazionale Aiom e Ordinario di Oncologia Medica all’Università degli Studi di Milano.