Tumore al seno, tra le più giovani cala la mortalità
- di Redazione
- 14 Gennaio 2025
- Italia ed estero
Scende del 16% tra le donne under 50
Scende la mortalità per cancro al seno delle donne under 50!
Infatti dal 2006 al 2021 è calata del 16%. E’ quanto emerge dal meeting scientifico "Back From San Antonio" che ha avuto inizio a Genova lo scorso 10 gennaio. Si tratta un incontro dedicato agli studi più importanti presentati lo scorso dicembre nel corso dell’ultimo San Antonio Breast Cancer Symposium, tra cui spiccano diverse ricerche italiane.
Il calo della mortalità arriva grazie alla ricerca scientifica che ha diffuso terapie sempre più efficaci e all’aumento della sensibilizzazione pubblica sull’importanza della prevenzione fin dalle fasce d’età più giovani.
Proprio Genova ha visto nascere studi dedicati alle pazienti under 50 legati alla preservazione della fertilità. L’aumento di sopravvivenza nelle giovani donne colpite dal cancro al seno, infatti, implica un percorso di cura che tenga sempre più conto della qualità di vita e del desiderio di maternità.
"Quando colpisce una donna giovane, al di sotto dei 40 anni, il tumore è spesso biologicamente più aggressivo e il rischio che si tratti di una neoplasia ereditaria, legata alla presenza di mutazioni patogenetiche Brca, è più elevato rispetto ai casi diagnosticati in età più avanzata", spiega Lucia Del Mastro, professoressa ordinaria e direttrice della Clinica di Oncologia medica dell’Ospedale Policlinico San Martino dell’Università di Genova, e pioniera degli studi sulla preservazione della fertilità. "Da anni, qui a Genova studiamo gli effetti collaterali legati alle terapie antitumorali e che possono portare a disfunzione ovarica, menopausa precoce ed infertilità. Grazie a trattamenti adeguati e personalizzati, messi a punto anche attraverso gli studi condotti dal nostro gruppo di ricerca, è oggi possibile diventare madre anche dopo il cancro".
Il San Martino si conferma un’eccellenza. "L’Ospedale San Martino è confermato come Comprehensive Cancer Center. Si tratta del livello massimo di accreditamento previsto dall’Organization of European Cancer Institutes - sottolinea il direttore generale dell’Irccs Marco Damonte Prioli - La Breast Unit del nostro ospedale rappresenta non solo l’hub regionale per la patologia, ma anche un riferimento a livello nazionale ed internazionale per il trattamento e la ricerca sul carcinoma mammario".
Qui viene trattata la maggior parte delle 1650 donne che ogni anno ricevono una diagnosi di cancro al seno in Toscana: "L’intensa attività di ricerca è testimoniata dalla percentuale, superiore alla media internazionale, di pazienti che vengono inserite in studi clinici: circa il 26% - aggiunge Antonio Uccelli, direttore scientifico dell’Irccs San Martino - Ciò consente alle donne un accesso precoce ai nuovi trattamenti, con potenziale miglioramento dei risultati terapeutici. Inoltre, il nostro Ospedale si distingue per l’elevato numero di studi accademici, ossia disegnati da ricercatori, attraverso i quali è possibile migliorare la qualità delle cure attraverso strategie che non sono basate esclusivamente all'introduzione di nuovi farmaci".
Non solo preservazione della fertilità ma anche attenzione alla mutazione e alla genetica.
Infatti al Policlinico di Genova è stata avviata una interessante ricerca, guidata da Matteo Lambertini, professore associato di Oncologia medica che ha analizzato i dati raccolti tra il 2000 e il 2020 di 5.290 pazienti under 40 con mutazioni dei geni Brca. I risultati dimostrano che la mastectomia bilaterale riduce il rischio di recidiva o di secondo tumore e di decesso, rispettivamente del 42% e del 35%. "Lo studio conferma l’importanza della chirurgia di riduzione del rischio - commenta Lambertini - È una scelta difficile, spesso dolorosa per una donna ma che può essere salvavita in determinate occasioni".
Tra gli argomenti del meeting non può mancare la nuova frontiera del triplo negativo. Uno studio, presentato Oltreoceano, riguarda, infatti proprio il tumore al seno triplo negativo, anche questo più frequente nelle donne giovani. La ricerca, condotta da Valentina Guarneri dell'Università di Padova e direttore dell'Unità di Oncologia 2 dell'Iov di Padova, ha valutato l’efficacia di un nuovo farmaco immunoterapico, avelumab, nelle pazienti ad alto rischio di recidiva. "È un tipo di cancro al seno molto invasivo perché tende a crescere e a diffondersi più velocemente - spiega Guarneri - Al momento vi sono poche opzioni di trattamento disponibili e tra queste vi è l’immunoterapia prima dell’intervento chirurgico. Il nostro studio ha ora dimostrato che l’anticorpo anti-PD-L1 avelumab, somministrato dopo il trattamento chemioterapico standard, migliora significativamente la sopravvivenza globale".