Tumore al seno, continuano a diminuire le recidive
- di Redazione
- 7 Novembre 2024
- Italia ed estero
Quando si parla di tumore al seno non si può trascurare, così come per tanti tumori, il rischio di recidiva, anche se si tratta di uno stadio iniziale e senza metastasi. Ma le probabilità che il tumore si presenti nuovamente si sono drasticamente abbassate negli anni grazie alla terapia adiuvante. Tutto ebbe inizio con il protocollo di cura del professor Gianni Bonadonna all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Va detto che oggi, grazie a strategie sempre più personalizzate, le probabilità di recidiva a 10 anni dalla diagnosi sono passate da un 20,5% a fine anni ‘90 a un 11,7% nel periodo 2005-2009. Parliamo di un rischio dimezzato. Questo è stato dimostrato in uno studio da poco pubblicato da The Lancet da parte dell’Early Breast Cancer Trialists' Collaborative Group (EBCTCG).
Nel 2023, secondo i dati dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), nel nostro Paese sono stati diagnosticati 55.700 casi di tumore al seno. Fortunatamente la maggior parte di essi viene intercettata quando la malattia non è ancora metastatica, una caratteristica che aumenta le probabilità di guarigione e sopravvivenza nel lungo periodo.
Fino al 1970, chirurgia e radioterapia erano le sole strategie utilizzate per la cura delle neoplasie al seno in stadio iniziale o non metastatico. Purtroppo questi tumori presentavano un tasso di recidiva importante: a 10 anni di distanza dall’operazione chirurgica di rimozione circa il 50-60%delle donne andava incontro ad un secondo tumore. Come scrive Fondazione Veronesi Magazine: "A cambiare radicalmente le prospettive fu l’oncologo italiano Gianni Bonadonna dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Lo scienziato fu il primo al mondo a teorizzare e mettere a punto un protocollo randomizzato di terapia adiuvante per provare a ridurre il rischio di recidiva. Lo studio -pubblicato insieme al professor Umberto Veronesi nel 1976 sulle pagine del New England Journal of Medicine- dimostrò che nelle donne con carcinoma mammario operabile, l’utilizzo di una combinazione di ciclofosfamide, metotrexato e fluorouracile (CMF) era in grado di ridurre le probabilità di recidiva rispetto al solo approccio chirurgico. Un trattamento capace dunque di eliminare le eventuali cellule tumorali residue."
Gli autori dello studio condotto in ambito dell’Early Breast Cancer Trialists' Collaborative Group, hanno analizzato oltre 155 mila pazienti con tumore al seno in stadio precoce e sottoposte a trattamento adiuvante. E’ emerso, come scritto sopra cheil rischio di recidiva a 10 anni per tumori esprimenti recettori estrogenici (i piu’ comuni) è sceso negli anni ’90 all’11,7% per le pazienti diagnosticate dopo il 2005. Un rischio dunque dimezzato. Non solo, la riduzione del rischio di recidiva si è mantenuta anche nelle pazienti più giovani e con tumori biologicamente più aggressivi (incluso nei casi di tumori non esprimenti recettori estrogenici). Un risultato straordinario frutto dell’avvento di terapie sempre più efficaci, diagnosi precoce e capacità di caratterizzare al meglio la patologia.
Tale studio è stato accompagnato da un editoriale degli oncologi Paolo Tarantino e Sara M. Tolaney del Dana Farber Cancer Institute e Harvard Medical School di Boston (USA) che hanno così commentato: «A quasi 50 anni dalla prima dimostrazione che la chemioterapia adiuvante multi-farmaco poteva ridurre il rischio di recidiva, i dati continuano a confermare l’impatto di una diagnosi precoce e di trattamenti mirati nel migliorare gli esiti a lungo termine per le pazienti con tumore al seno.
Tuttavia, avvertono, i progressi raggiunti non possono tradursi in benefici reali senza un accesso equo alle cure oncologiche, ancora disomogeneo sia negli Stati Uniti che a livello mondiale». Secondo i due autori, «i risultati dell'analisi EBCTCG rappresentano un richiamo a massimizzare gli sforzi per garantire che ogni paziente con diagnosi di tumore al seno, indipendentemente da sesso, razza, reddito e località geografica, possa beneficiare di questi avanzamenti».
Ma la scienza non si ferma e il futuro sarà segnato dagli anticorpi coniugati, farmaci composti da un anticorpo in grado di riconoscere i recettori di superficie delle cellule cancerose a cui vengono coniugate molecole di chemioterapico in grado di bloccare la crescita del tumore. Sono utilizzati per lo più nei tumori metastatici, ma non è da escludere che possano essere impiegati come terapia adiuvante in tumori in fase iniziale.