

Oncologia, disuguaglianze tra nord e sud in Italia
- di Redazione
- 12 Febbraio 2025
- Italia ed estero
In Italia si ammalano circa 390.000 persone di tumore. Oltre la metà ha la prospettiva di guarire e di ritrovarsi nella stessa situazione di salute di coloro che non hanno conosciuto il tumore dal vivo. Ma esistono delle profonde differenze tra le diagnosi e significative disuguaglianze sociali.
Questo è quanto emerge dal volume I numeri del cancro 2024, redatto annualmente dall’Associazione italiana di oncologia medica (AIOM) con la collaborazione fra gli altri dei Registri Tumori (AIRTUM) e dei sistemi di Sorveglianza dell’Istituto Superiore di Sanità PASSI e PASSI d’Argento. Il professor Massimo Florio, docente di Scienza delle Finanze presso l’Università degli Studi di Milano, spiega: «La differenza di incidenza e mortalità è una patologia sociale laddove malattia e morti potrebbero essere evitate perché la prevenzione e la cura sono diverse a seconda dello status delle persone».
All’interno de I Numeri del cancro si spiega l’importanza della prevenzione primaria che si basa sul condurre uno stile di vita sana.
In particolare si è evidenziato che:
- fumano più le persone con difficoltà economiche (il 36% rispetto al 21% fra chi non ne ha) o con bassa istruzione (il 26% fra chi ha la licenza elementare e il 18% fra i laureati)
- la sedentarietà aumenta (riguardava il 23% della popolazione nel 2008 e nel 2023 il 25%) un po’ per tutti, ma aumenta più rapidamente fra i giovani, le persone del Sud e del Centro e fra le persone con maggiori difficoltà economiche
- l’obesità riguarda il 18% delle persone con molte difficoltà economiche e solo il 9% fra chi non ne riferisce.
in generale un po’ tutti mangiamo poca frutta e poca verdura e sono soprattutto le donne a consumare le famose cinque porzioni, le consumano più gli over 50 rispetto ai giovani, più le persone con capacità economiche di quelle con difficoltà (47% rispetto al 40%), più i laureati (51%) di chi ha la licenza elementare (40%); più i residenti al Centro-Nord (48-50%) rispetto al Sud (41%).
Un altro aspetto importantissimo è la prevenzione secondaria e la possibilità di avere una diagnosi precoce. Ogni anno i rapporti dell’Osservatorio nazionale screening confermano un divario fra regioni nella copertura e nell’adesione agli screening organizzati dal Servizio sanitario nazionale. per ciò che riguarda la mammografia la copertura è del 62% al Nord, 51% al Centro e 31% al Sud e alle Isole. Per lo screening per i tumori colorettali i dati sono insoddisfacenti per tutti: Nord (45%), Centro (32%), Sud e nelle Isole (15%). «Anche in questo caso – commenta Massimo Florio - , la base è la capacità delle persone di capire che cosa succede e diminuire i rischi. Prendiamo ad esempio lo screening per i tumori del colon-retto, un esame da pochi euro che si è dimostrato estremamente efficace per ridurre la mortalità per tumori del colon. Ci sono differenze evidentissime fra Nord e Sud, un grande tema, in Italia non adeguatamente presidiato. Chi si deve occupare della prevenzione? I medici di medicina generale? Chi è che fra loro ha ricevuto le risorse per comunicare seriamente ai suoi 1.200-1.300 assistiti l’utilità del test del sangue occulto nelle feci?».
Il professore spiega: « Non esiste un sistema unificato e centralizzato per la documentazione e la condivisione delle cartelle cliniche elettroniche (EHR), dei dati ospedalieri e delle cartelle cliniche dei medici di base. Il fascicolo sanitario elettronico ha scarsa interoperabilità fra regioni diverse e fra ospedali diversi. Risulta evidente che i Registri tumori non si parlano fra loro, nonostante i flussi di pazienti da regione a regione. Capita, ad esempio, che quando in Lombardia o in Veneto arriva un paziente dalla Calabria, si riparta da zero e che le informazioni siano quelle che il paziente condivide con il medico quando esibisce i propri referti. Tutto ciò ha effetti importanti anche sul problema della ricerca: un sistema in cui i trial clinici debbono avere a che fare con comitati etici diversi rende estremamente costosi i trial clinici randomizzati multicentrici e sappiamo che la ricerca moderna si basa sulle evidenze. Se non tuteliamo l’integrazione e la condivisione dei dati sanitari a livello almeno nazionale, rischiamo di compromettere l’accesso equo all’innovazione terapeutica, rallentando i progressi nella lotta contro il cancro e ampliando ulteriormente le disuguaglianze esistenti.»