Negli Usa chieste etichette sull’alcol per avvertire i consumatori dei rischi di tumore

Negli Usa chieste etichette sull’alcol per avvertire i consumatori dei rischi di tumore

  • di Redazione
  • 7 Gennaio 2025
  • Italia ed estero

Le bevande alcoliche dovrebbero riportare un'etichetta che avverta i consumatori dei rischi di sviluppare tumore al seno, al colon, al fegato e altri tipi di cancro. Ad affermarlo è Vivek Murthy, il capo operativo della sanità americana, in una Surgeon General’s Advisory, ovvero "una dichiarazione pubblica che richiama l’attenzione del popolo americano su un problema urgente di salute pubblica e fornisce raccomandazioni su come affrontarlo".

Il monito del surgeon general Usa sta facendo crollare in Borsa i titoli delle aziende del settore. "Il consumo di alcol è la terza causa prevenibile di cancro negli Stati Uniti, dopo il tabacco e l'obesità, facendo aumentare il rischio di almeno sette tipi di cancro", ha ribadito Murthy.

Oncologi ed esperti avevano sollevato il problema più volte negli ultimi anni negli Usa. L'Associazione Americana per la Ricerca sul Cancro (AACR) ha affermato che il consumo di bevande alcoliche è responsabile di un numero crescente di casi di tumore e potrebbe spiegare anche l'aumento di neoplasie al seno e al colon che si è registrato in persone giovani, prima dei 50 anni.

"Ancora moltissime persone non sono consapevoli del legame fra cancro e alcol, nonostante sia stato ormai ampiamente dimostrato proprio come quello fra cancro e fumo. Servono campagne di sensibilizzazione insieme a strategie di ampio impatto, come ad esempio le etichette di avvertenza specifiche per il cancro applicate sulle bevande alcoliche, perché più persone siano informate che tutte le bevande alcoliche (vino, birra e superalcolici) fanno crescere il pericolo d'insorgenza di diversi tipi tumore e che la probabilità di sviluppare una neoplasia aumenta con l'aumentare della quantità di alcol consumata", hanno indicato gli autori nella pubblicazione statunitense. 

"Secondo i dati dell’Oms, in Italia sono attribuibili all’alcol tra 5 e 10 casi per 100mila abitanti ogni anno. Questo vuol dire, grosso modo, tra i 3mila e i 6mila casi nuovi annui. Può sembrare un numero relativamente piccolo, ma in realtà un’adeguata campagna di prevenzione e di informazione sui rischi dell’alcol contribuirebbe a salvare molte vite, tenendo anche conto del fatto che l’alcol non aumenta solo il rischio di tumore, ma pure di altre patologie", ha confermato Massimo Di Maio, presidente eletto dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom).

"Anche se, quando si parla di alcol, istintivamente si pensa al rischio per il fegato, ci sono evidenze che il consumo di alcol aumenta significativamente anche il pericolo di vari altri tipi di cancro: cavità orale (bocca), faringe, laringe, esofago, colon-retto e mammella", ha indicato Di Maio, che è anche direttore dell'Oncologia medica 1 dell'Azienda ospedaliera universitaria Città della Salute Molinette di Torino.

"Per alcuni di questi tumori (cavità orale, faringe, esofago, fegato) il rischio attribuibile all’alcol è alto, vale a dire che una percentuale importante di quei tipi di tumore è causata dall’alcol. Per colon-retto e mammella parliamo invece di un pericolo basso, ma si tratta di neoplasie molto frequenti, purtroppo: quindi evitare anche una piccola parte dei casi significherebbe evitare molte diagnosi e molte morti. Anche se l’Oms non precisa i livelli di rischio, perché sottolinea che l’unico livello sicuro è non bere, vengono identificate delle categorie: consumo moderato (un massimo di 20 grammi di alcol al giorno), consumo rischioso (fino a 60 grammi), consumo pesante (oltre 60 grammi). L’Istituto superiore di sanità ci ricorda che il 39% dei casi causati dall’alcol è dovuta a un consumo rischioso, il 51% a consumo pesante, ma l'11% è legato a un uso quotidiano moderato (quindi probabilmente ritenuto sicuro da chi li assume, sottovalutando i rischi) non eccedente una bottiglia di birra (500 ml), 2 bicchieri di vino (200 ml) o 60 ml di superalcolici al giorno", ha ribadito.

"L’Oms sottolinea che andrebbe evitata la comunicazione ambigua, per esempio i messaggi che rassicurano i consumatori invitando a bere responsabilmente. In realtà, non esiste una soglia di alcol innocua, al di sotto della quale non ci sia alcun rischio e negli ultimi anni le società scientifiche più importanti hanno fatto mea culpa riconoscendo di aver trascurato un’adeguata informazione sui pericoli dell’alcol, rispetto per esempio al fumo, molto più al centro di campagne di prevenzione. Naturalmente, i danni per la salute aumentano notevolmente al crescere delle quantità: bere una birra una volta a settimana non implica gli stessi rischi di bere una bottiglia di vino oppure super-alcolici ogni giorno, perché come per la maggior parte dei fattori di rischio oncologici esiste un’associazione dose-risposta, vale a dire che il pericolo sale insieme all’esposizione", ha confermato l’oncologo.

"Sono stati descritti diversi meccanismi. Innanzitutto l’acetaldeide, molecola derivante dalla conversione dell’alcol nel nostro corpo, può causare danni al Dna delle cellule, e quindi favorire l’insorgenza di mutazioni. La conversione da alcol ad acetaldeide avviene soprattutto nel fegato, ma anche in altre cellule, come nel tratto gastrointestinale e nella bocca. Anche indipendentemente dalla conversione in acetaldeide, l’alcol provoca il cosiddetto stress ossidativo, che può indurre danni al Dna e quindi favorire la trasformazione di cellule normali in tumorali. Esistono dati che dimostrano anche l’impatto dell’alcol sui livelli di vari ormoni, tra i quali gli estrogeni e l’insulina, che regolano la crescita delle cellule in presenza dei rispettivi recettori: quindi la crescita cellulare può essere indirettamente sregolata e stimolata. Infine, l’abuso di alcol può associarsi a stili di vita non perfettamente salutari e a una dieta non equilibrata: in particolare, la ridotta assunzione di folati può ridurre l’efficienza con la quale, modificando il Dna, la cellula sana regola l’attività proliferativa", ha spiegato Di Maio.

"I vari tipi di alcolici differiscono ovviamente per il contenuto di alcol, nel senso che per assumere la stessa quantità di alcol bisogna bere una quantità di birra maggiore rispetto al vino e molto maggiore rispetto ai superalcolici. La birra contiene mediamente 5-6 grammi di alcol per 100 millilitri, il vino 13-14 grammi, i superalcolici arrivano anche a 30-40 grammi. Peraltro, a parità di alcol assunto, non ci sono sostanziali differenze tra le varie bevande", ha concluso.