Il killer silenzioso: come difendersi dal cancro ovarico

Il killer silenzioso: come difendersi dal cancro ovarico

  • di Redazione
  • 13 Novembre 2016
  • Il Tumore Ovarico

"Mai più sole": questo il sottotitolo di un congresso su "Il tumore dell’ovaio: le donne ascoltano" organizzato sabato 12 dicembre a Cagliari da donne colpite da tumore ovarico e da associazioni che sostengono il diritto a un’assistenza più adeguata dal punto di vista sia oncologico sia umano, affettivo e sessuale. Le donne temono molto il tumore al seno, in realtà oggi ben curabile. Non sanno che il vero killer è un altro: il cancro dell’ovaio, anzi, dell’annesso, perché anche la tuba, una volta ritenuta quasi silente, è una scatenatrice di cancri. Basti dire che a cinque anni dalla diagnosi è vivo il 92 per cento delle donne con tumore al seno e solo il 39 per cento di quelle con cancro dell’ovaio/tuba.

Il gruppo che ce la fa, ha avuto: una diagnosi precoce; un istotipo (cioè un sottogruppo tumorale particolare dal punto di vista della composizione del tessuto) meno aggressivo; un intervento chirurgico che è riuscito ad eliminare la maggior parte, se non tutta, la massa tumorale; una migliore risposta alla chemioterapia (correlata anche al genotipo, ossia alle caratteristiche genetiche del tumore stesso); non ultimo, maggiore attenzione ad anemia e infiammazione.

Come rientrare in questo gruppo che riesce a vincere la battaglia contro un tumore di particolare aggressività? Innanzitutto, con la diagnosi precoce: due sono le vie. La prima è effettuare un’accurata ecografia ginecologica annuale, l’unica che consenta di vedere tempestivamente neoformazioni ovariche sospette, anche piccole e non apprezzabili con la visita ginecologica. Quanto più l’ecografista è esperto, tanto più è probabile che la prima diagnosi sia corretta: su 100 neoformazioni ovariche sospette evidenziate con l’ecografia, 75 vengono dimostrate maligne all’esame istologico. La seconda modalità è quella che deriva da una complicanza del tumore, ossia la torsione dell’ovaio sul suo peduncolo. Problema che causa un dolore addominale violento con ricovero in Pronto Soccorso, in cui la diagnosi è poi rapida.

Purtroppo è già tardi quando invece compaiono i sintomi, peraltro non specifici, quali dolore e gonfiore ("meteorismo") addominale, stitichezza, nausea, cattiva digestione, mal di testa, dolori lombari. E’ tardi perché il tumore di ovaio e/o tuba si diffonde rapidamente a tutta la cavità addominale ed è questo che rende poi l’eradicazione estremamente difficile. Attenzione dunque a far fare l’ecografia ginecologica a mamme e nonne: l’80% di questi tumori compare dopo la menopausa! L’istotipo non è modificabile: ma il sapere di avere familiarità per tumori dell’ovaio e/o del seno dovrebbe indurre a fare la mappa genetica per ricercare geni particolari (come il BRCA1 e BRCA2). Così da giocare d’anticipo, anche asportando le ovaie quando il rischio di cancro è molto elevato, e, in caso di tumore, scegliendo chemioterapie cui questi sottotipi a base genetica siano più responsivi.

Molto importante per la prognosi è quanto l’intervento sia radicale, ossia capace di estirpare tutto il tumore: basti dire che, per ogni 10% di riduzione del residuo tumorale, la sopravvivenza aumenta del 5,5%. Indicazione pratica: l’intervento dovrebbe sempre essere eseguito in centri di riferimento con ginecologi oncologi specializzati, capaci di affrontare le molte difficoltà tecniche che un tumore diffuso a tutto l’addome può comportare. Meno tumore resta, più la chemioterapia successiva può spazzare via le cellule tumorali residue regalando la vita.

Non ultimo, attenzione: la gravità dell’anemia e dell’infiammazione correlano con la sopravvivenza. Più la donna è anemica e infiammata, minori sono per lei le probabilità di farcela. Di converso, avere un buon emocromo significa aver più ossigeno, più energia, più forza per combattere il tumore. E’ allora essenziale l’integrazione con ferro e lattoferrina, necessari per la salute fisica ed emotiva.
Infine, l’80 per cento delle donne vorrebbe migliorare anche la vita sessuale, spesso devastata dal tumore e dalle cure, ma l’80 per cento dei medici non ne parla. Eppure l’obiettivo ultimo non è (solo) sopravvivere, ma vivere. Perché l’amore è il volto più luminoso della vita.
 

Fonte

www.alessandragraziottin.it