Un sabato in corsia
- di Redazione
- 22 Aprile 2019
- I Mille Colori di Fausta
In questo Lunedì dell’Angelo Fausta Giorgia Mascia ci delizia con un altro dei suoi attesissimi racconti
Un sabato sera di questa primavera appena cominciata camminavo al market. Mi sembrava che mille pungiglioni affondassero nelle gambe mentre procedevo lenta. Il suono delle scarpe un po' pesanti, perché ortopediche, rispecchiava i battiti veloci del mio cuore. Spesa fatta tornai a casa. Il sudore si era insinuato nella schiena, sul petto, sulla pancia e sui capelli. Ho fatto una doccia leggera ma mi sentivo agitata e con la testa che ronzava. Ho misurato la pressione 87 - 140. Poteva andare! Avrei mangiato leggero e fatto un riposino. Così non è stato perché alle 20 la mia pressione era 120 - 170. Ho capito che dovevo andare al pronto soccorso. Mi sono vestita velocemente e, con Carlo, eccoci nella sala attesa gremita alle ore le 20:30: c'era un viavai spaventoso di gente anche a causa di un incidente stradale che aveva coinvolto sette persone. Mi visitarono e, col codice giallo e il numero attesi la mia chiamata. La nuova ala del CTO di Iglesias è veramente funzionale. Bagni a portata di mano, saletta vasta e confortevole; tutte le poltroncine erano occupate, poi c'erano persone in piedi ed altre in carrozzina. Una umanità notturna e sofferente abbagliata dalle luci forti del soffitto. Mi guardai intorno. Un piccolino in braccio alla sua mamma che piangeva: aveva il braccino destro paralizzato. Una signora che respirava a fatica, una donna con crampi violenti alla pancia, un'altra con valori pressori alti come i miei poi tanti altri più in fondo rispetto alla mia visuale. Ci si parlava a fatica per consolarci a vicenda e trovare conforto. Finalmente arriva la mia chiamata. Vengo messa in un lettino dove si agisce su di me: misurazione pressione, ascolto dei battiti cardiaci, pinza al dito medio, di lato un televisorino che registra il tutto. Sono spaventata al pensiero di dover passare qui la notte quando vengo trasportata in un letto del reparto. Lì attendo con gocce sottolinguali monitorata. Su di me piovono le luci forti del soffitto, la paziente della mia camera sonnecchia con una flebo: "un avvelenamento da funghi" mi viene sussurrato. Vedo medici che vanno da una stanza all'altra, a turno si fermano presso il mio letto, guardano il mio video mi rassicurano e poi lievi, quasi silenziosi, scompaiono per altre camere, altri dolori. Mi rendo conto del loro massacrante lavoro, di questa cittadella notturna di sofferenti che si appigliano a questo pronto soccorso per curare i loro dolori, per arginare le loro sofferenze. Povere creature, in bilico come me, che si sentono rassicurate dalla competenza dei medici i quali a loro volta si consultano e mostrano preoccupazione per ciascuno di noi anche se velata da un sorriso. Alle 23 mi dimettono. La saletta d'attesa è meno gremita ma c'è ancora tanto da fare. Fuori il buio avvolge la cittadina, dentro l'ospedale invece le luci sono forti quasi calde e rassicuranti. Un altro giorno ospedalizzata: non conto più, in questi oltre due anni, il tempo che ho trascorso negli ospedali ma mentre mi avvio verso casa penso a tutti quelli che ho lasciato dentro, casi gravi, medici e paramedici competenti. Ringrazio Dio: anche stavolta è andata bene! So che domani avrò un forte mal di testa, retaggio dell'alta pressione, ansia e farmaci. Ma domani ci penserò. Ora la mia gratitudine va a quei medici notturni solerti, attivi come formiche che mi hanno curata, confortata. Ripenso a quante persone sono entrate nella mia vita in questi anni di sofferenze e mi hanno spronata, aiutata, consolata. Penso con gratitudine i medici, i paramedici a tutto il personale degli ospedali ai miei figli a mio marito ed ultime, ma non meno importanti, le mie ragazze di Mai Più Sole: Albachiara, le Vale’s, Rita, Paola, Nisha, Gianfranca, Gabriella, Caterina, Maria Dolores, Pina, Bruna, Domenico … sappiate che per me siete tutti molto importanti; grazie per la vostra vicinanza e sostegno. Grazie vi voglio bene!