La tigre bianca
- di Redazione
- 25 Febbraio 2019
- I Mille Colori di Fausta
Nel Sud-est asiativo la tigre bianca è associata allo yin/ femminile e la si considera un’iniziatrice, un totem in grado di condurre i neofiti nella giungla per morire e rinascere: nella meditazione di oggi voglio incontrarla …
Ancora una volta le preziose parole di Fausta Giorgia Mascia colorano il nostro lunedì
Fuori dalla grotta la giornata è bigia. È una sensazione strana, quasi di sospensione: alle spalle la grande bocca nera della grotta e davanti un cielo oscuro e incombente che non permette di identificare nulla. Io, in piedi avvolta da questo nulla, mi trovo fra cielo e terra accompagnata dal suono dell'acqua che, nei suoi percorsi scavati da secoli, mi scorre a fianco. Sento la voce di un uomo che richiama i suoi cani i quali si sono avvicinati troppo vicino a uno dei rivi. Mi rendo conto che questa giornata è triste, in questo momento sono triste. La tristezza mi scivola addosso come acqua piovana inzuppandomi le ossa seppure, apparentemente, rimango asciutta, solo gli occhi sono bagnati di lacrime (succede spesso che la tristezza mi assalga soprattutto quando i colori sono spenti, bui seppure suggestivi). Improvvisamente sento la mia "piccola massa invisibile" nelle carni come una freccia acuminata capace di uccidere: il maledetto "intruso" torna ad infiltrarsi nel luogo del cuore e del cervello. So che devo cacciarlo in fretta, prima che mi rovini la serata con Carlo.
Penso a Esaù e Giacobbe: l'uno fortissimo, l'altro più docile e debole. Nella Bibbia, Dio sceglie il più debole, lo accoglie, gli fa trovare disponibilità d'amore eppure ora, nella mia rabbia interiore, mi sento più simile ad Esaù, sgradita, ingannata dal gioco della vita. Io donna tranquilla, fifona, gettata al massacro come un civile mandato a combattere tra mercenari spietati e scaltri. "Toh! Arrangiati con "il cacciatore di tigri" se vuoi vivere!" Sembra che l'acqua con i suoi "sciaf-sciaf" pronunci queste sferzanti parole di sfida ed io, questa sfida la raccolgo! Cancello con rabbia le lacrime e mi metto a camminare, pensare. Osservo qualche nube e considero che il Sole sta cominciando a tramontare più presto. Penso che i miei figli sono al lavoro e verranno a visitarmi ed io voglio far trovare qualcosa di pronto. Penso a Carlo, mio marito, che è quasi un'ombra ma solidamente forte, sempre vicino. Apprezzo in lui la capacità di essere "freddo" nei momenti difficili: riesce a trovare le soluzioni giuste e pianificare l’azione, diversamente da me che mi lascio vincere dallo scoraggiamento prima di reagire … Ricordo che davanti alla diagnosi, abbracciandomi e con voce calda e ferma mi disse: "Non piangere! Non serve Fausta! Devi invece sorridere e pensare che la nostra storia non può finire ora: è così, ci verrà regalato del tempo, e nel frattempo tu ed io ci ameremo, sorrideremo e vinceremo anche questa battaglia". I suoi bei occhi azzurro-verde, schietti quasi feroci ma teneri e determinanti mi infusero tanto coraggio e speranza.
Comincio ad alzare le spalle, camminare meno rigidamente immaginando la forza e la determinazione della tigre bianca e la sua capacità di spostarsi anche al buio. Incomincio ad intravedere nel nulla una selva; la strada umida davanti a me è bianchissima, soffice e fredda, io procedo lenta ma sicura, i radi alberelli sono ricoperti ora di bianchi fiocchi di neve. Sento freddo ma con il freddo le forze ritornano. Mi sembra di percepire, al passo con me, tutti quelli che mi amano e che camminano lenti, ma determinati, vedo tante orme sulla neve accanto alle mie. Sento il rumore dell'acqua alle mie spalle meno rumoroso, ottundato, che sussurra: "Vai avanti e guarda il cielo!" Ed io lo guardo, il cielo, perché so che lassù, mamma, papà, Bonaria di cui porto il bracciale (lei aveva detto: "Portalo con te così io continuerò a vivere!") e tutti gli altri che ho amato e sono andati via giovani, molto giovani o anziani, sono anche loro in marcia tra le nuvole grigio-latte: mi seguono, come angeli trasparenti, sopra di me. Il mondo sopra e il mondo sotto. I due mondi che se li percepisci con gli occhi del cuore li vedi, li senti e ti comunicano serenità. Continuo a camminare: ora mi sento più veloce e il freddo scompare. Corro, poi davanti a me un lago: è giorno, ho sete, mi sporgo per bere e le acque riflettono la mia immagine … sono una tigre bianca, un animale capace di sopravvivere al freddo, ad uno spietato cacciatore, una mamma coraggiosa che lotta per difendere i propri cuccioli e che sa vedere nel buio più profondo la strada giusta per sopravvivere …
Trilla il telefono la bella visione sfuma, ritorno nel presente mi sento forte: preparerò bistecche per i miei ragazzi e patatine fritte, aprirò una bottiglia di buon vino d'Oliena e mi truccherò le guance un poco pallide (guance d'estate senza Sole) ma che diventeranno rosee di felicità quando tutti ci riuniremo a tavola. Sento ancora il ruggito possente della tigre bianca che si specchia nelle acque.
Il momento nero è passato, ritorno ad essere Fausta che è fantasiosa e creativa. Non so quanto durerà, forse settimane, forse pochissimi giorni, l'importante è giocare con la vita, prenderla in giro, farla sorridere, perché cosi anch’essa, come diceva J. Morrison, ci sorriderà!