Ci sarò!
- di Redazione
- 17 Giugno 2019
- I Mille Colori di Fausta
Ritorna l’imperdibile appuntamento del lunedì con la rubrica curata dall’amica Fausta Giorgia Mascia
Tiro le tende per chiudere fuori la notte. Il bicchiere di latte, in mano, si è fatto freddo. Mi siedo sulla sponda del letto e resto lì finché non sento le gambe intorpidirsi, mi sdraio e mi accosto a Carlo. È caldo, mi abbraccia nel sonno, io fisso, senza vederlo, il buio del soffitto in attesa che gli occhi si chiudano, la mente si plachi e il sonno, pietoso, mi avvolga stretta. Il mattino è sempre difficile: devo misurarmi con una realtà che non mi piace e che devo accettare di vivere con tutte le sue incognite. Il mio orizzonte di prima, lineare, immaginario, felice ora è una linea piatta con date di scadenza: pet, visite varie. Non è certo piacevole consultare ogni giorno le varie tappe da affrontare e però devo farlo, dolorosamente, consciamente. Non ci sono altre alternative o scappatoie: o combatto o muoio. E la mattina svegliarmi con lo scudo e battagliera mi fiacca. Non è facile, no, la giornata: c'è dolore, mio e altrui. Poi, finalmente, il pomeriggio, anche se più incerto, quasi sempre con un sole tenue che placa un poco le ansie della giornata, posso leggere, scrivere pensare, dedicare tempo a me e a chi amo, seppur, a volte, con una telefonata. Ecco ci sono le mie fasce temporali. La mattina caotica, triste, il pomeriggio che rintuzza le mie ansie e la sera in cui mi rifugio, quasi in cerca di ombre protettive, che mi nascondano pietose, senza aghi, diagnosi, dolore. Questa mia seconda vita che mi tengo stretta, finché posso, è così dolorosa, così incerta che a volte mi vien voglia di lasciarla libera. Vorrei essere come una vela, sbattuta dal vento o afflosciata dalla calma di esso. Così stordita da non poter rimuginare niente. Vorrei destarmi con un'alba chiara, senza foschie e cieli plumbei e cuore strizzato di pena. Vorrei sentirmi serena, placata dopo la tempesta che ha spossato la mia navicella. Dio mio, vorrei tanta pace e tranquillità qui o altrove ma pace finalmente, fine ai miei tormenti. Mi chino a carezzare la mia gattina, acciambellata ai miei piedi. Penso che ho tanto ancora da fare e da dare: mi alzo, le gambe incerte, un po' di nausea ma intanto anche questa mattina è passata, il pomeriggio sarà mio e la sera potrò viverla serenamente e, se poi la notte sarà difficile, l'amore avvolgente di Carlo mi strapperà agli incubi, mi sentirò confortata ed abbandonandomi al sonno ringrazierò Dio per un altro giorno, passato, vissuto. Sono esistita ho reagito, ci sono, ci sarò domani e poi i miei figli, Carlo mi aiuteranno tanto, tantissimo e il mio incedere sul giorno, pur costellato di ansia, sarà sereno: non permetterò che venga rovinato dal male, ma farò filtrare il bene, l'amore e ci sarò ancora!